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IL CODICE PURPUREO DI ROSSANO CALABRO di Michele Minisci – Numero 9 – Dicembre 2017

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Codice purpureo di rossano calabro

 

Il Codice Purpureo (Codex Purpureus) di Rossano Calabro contiene una serie di miniature che illustrano alcuni dei momenti più significativi della vita e della predicazione di Gesù. È stato scritto con un inchiostro aureo per il titolo e argenteo per le tre righe iniziali di ciascun Vangelo e per tutto il resto.  È una preziosissima pergamena di ben 376 pagine (188 fogli della dimensione di cm. 30,7×20), che contiene un antichissimo evangelario scritto con raffinati caratteri in oro e argento, illustrato da 16 stupende miniature sulla vita di Cristo e risale fra la fine del V e l’inizio del VI secolo. Questo documento, unico nel suo genere, riporta in lingua greca il Vangelo di Matteo e quello di Marco fino al cap. XVI,14. In origine doveva contenere anche Luca e Giovanni, visto anche il frontespizio con l’illustrazione dei quattro evangelisti.

Questo evangelario è considerato il più importante esempio
al mondo di codice greco miniato, ed è stato composto certamente
in Medio-Oriente, ad Antiochia di Siria o a Cesarea di Palestina,
e deriva il suo nome dal fatto che è scritto su una pergamena sottilissima color porpora,


fatta con la pelle di agnello con poche settimane di vita, che, nelle terre di Bisanzio veniva anticamente utilizzata solo per documenti particolarmente importanti. Il Codex ha avuto il suggello della sua straordinarietà da parte dell’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario di Roma che ha lungamente studiato, analizzato e restaurato l’opera, e contemporaneamente è stato considerato Patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco. “Memoria del Mondo” è il titolo con cui l’Unesco ha riconosciuto il Codice Purpureo Rossanense, Patrimonio dell’Umanità.

 

Come sia arrivato a Rossano non è stato possibile stabilirlo: potrebbe essere stato portato in Calabria dai quei monaci melchiti che, a cavallo tra l’VIII e il IX secolo fuggirono dalle persecuzioni subite durante l’espansione islamica all’interno dei territori cristiani bizantini.

 

La città di Rossano Calabro, situata sull’alta costa ionica della Calabria, in provincia di Cosenza, a pochi chilometri dal mare e dall’importante sito archeologico di Sibari, era già nel VI secolo un notevole centro bizantino di circa ventimila abitanti, ove spesso confluivano profughi dal Medio Oriente, come anche dalla Sicilia, anch’essa invasa dagli arabi. Ed è proprio a causa dell’immigrazione di monaci ed eremiti greci che Rossano diventò punto di diffusione, nell’Italia meridionale, della cultura e della liturgia greca. Il Codex Purpureus è custodito presso il Museo Diocesiano, e precedentemente era conservato nel monastero del Patirion, a pochi chilometri dalla città (anch’esso da visitare!). 

 

Furono due ricercatori tedeschi, Von Harnak e Von Geghardt
a comprendere la grandissima importanza storica della pergamena, segnalandone la presenza agli studiosi di tutto il mondo nel 1879.
Gli studiosi furono subito colpiti dalla bellezza del testo,
scritto su due colonne di venti righe ciascuna.

 

Il Codice è composto, come si è detto, di 188 fogli, ma originariamente ne doveva contenere circa 400, con l’intero testo dei quattro vangeli, delle dieci tavole dei canoni, e della lettera di Eusebio di Cesarea a Carpiano sulla concordanza dei Vangeli, lettera di cui è rimasta solo una parte. Fu proprio Eusebio, vescovo di Cesarea, a lasciarci nel 318 una delle più antiche testimonianze del Canone cristiano, l’elenco dei libri sacri che compongono il Nuovo Testamento.

 

Un altro esempio dei tesori custoditi in terra di Calabria
restituito alla Storia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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