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NAVIGARE NECESSE EST di Stefano Benazzo – Numero 6 – Ottobre 2016

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NAVIGARE

NECESSE EST

 

A-Caccia-Di-Memoria

“Navigare necesse est”. Sono un fotografo di relitti emersi nel mondo.

I relitti sopravvivono dove sono assenti uomini, capitali, strade e utilizzo commerciale del materiale recuperato. Si trovano quindi in posti difficili da raggiungere: dovunque gli insediamenti umani siano così lontani da renderne impossibile lo smantellamento,

Chi ascolta un testimone diventa a sua volta testimone. Secondo una leggenda africana, un uomo muore quando muore l’ultima persona ad averlo conosciuto ed a mantenerne il ricordo. Il Libro egiziano dei morti chiarisce d’altronde: “Ciò che è scritto deve essere ricordato; ciò che è ricordato vive”.

o dove le condizioni ambientali rendono difficoltosa la permanenza di chi voglia sfruttarli. Per fotografarli, bisogna trovarli e identificarli. Le mie ricerche nascono sui siti dedicati o da segnalazioni inaspettate; continuano con la navigazione su Internet, la verifica su Google Earth e i contatti con i musei e le Capitanerie. In Italia, i resti di navi sono pochi: la navigazione è sempre più sicura e le comunità rivierasche – o le Autorità – li smantellano. Nel resto dell’Europa e del Mediterraneo la caccia è più fruttuosa. 
Gli scomparsi trasmettono conoscenze importanti, e noi abbiamo la responsabilità di tramandarle.

Dobbiamo, quindi, almeno fissarne le immagini per le future generazioni, prima che siano irrimediabilmente distrutti. Non si tratta di sentimentalismo, ma di assaporare le emozioni, di aprire il cuore e di ritrovare la nostra capacità simbolica – anche se inconsciamente cerchiamo di rimuoverla – per raggiungere ciò che è nascosto. Chi non immagina si spegne…

Le mie immagini di relitti portano in sé la vita di tanti marinai e, attraverso i racconti, la loro memoria rimane viva ed essi continuano ad esistere. Le migliaia di uomini che hanno navigato per secoli su tutti i mari non hanno avuto riconoscimenti. Erano uomini avvezzi alla vita senza sconti, ostinati, consapevoli, senza pretese di capire tutto o di realizzare imprese. Hanno compiuto il loro dovere senza essere eroi, senza voler sfidare il mare: era il loro naturale ambiente di lavoro. Il loro ricordo non figura nei testi di storia: sono gli uomini comuni, dalla prosaica esistenza quotidiana.
Le fotografie che ho privilegiato in questo riverente omaggio ai navigatori del passato sono quelle che mi hanno dato un brivido misterioso, facendomi rivivere le ore difficili o fatali delle donne e degli uomini che erano a bordo. Cerco di restituire i sentimenti che provo avvicinandomi a queste presenze del passato, proponendo a chi non ha potuto finora vederle le testimonianze di un’era scomparsa. I resti che fotografo, condannati ad una morte lenta ma sicura, non saranno più gli stessi fra alcuni anni, e scompariranno quasi del tutto fra 20-30 anni. E’ impossibile (salvo poche eccezioni) esporli nei musei: inoltre, si trovano in luoghi lontani e costosi da raggiungere.

Le parole chiave della mia ricerca sono: passione, emozione e dovere di memoria.
Questi resti – diventati parte della natura – sono, in realtà, dissonanti da essa: rappresentano la rottura di sequenze preordinate. La mia ricerca vuole cristallizzare i resti di cattedrali (o di carrette) del mare che sono un monumento ad alcune caratteristiche essenziali dell’uomo – ingegno, iniziativa, coraggio, spirito di avventura – e testimoniano la capacità degli architetti navali, dei cantieri, degli armatori, degli equipaggi.

Sono il simbolo di un elemento essenziale della storia economica, sociale, industriale e marittima del mondo. Ricordano lo sviluppo secolare dell’arte della navigazione, l’ansia di innumerevoli famiglie di marinai, le vicende degli emigranti e gli innumerevoli misteri che il mare custodisce per sempre.

Anche in Italia, del resto: la Eden V – una “nave dei veleni” arenata in Puglia – è stata smantellata misteriosamente nello spazio di alcuni decenni, tra l’incuria generale. I barconi dei migranti che giungono a Lampedusa, e su altre nostre isole e coste, scompaiono presto. I burchi sul Sile costituiscono un vero cimitero, vicino a Treviso. L’àncora apparsa sul molo del Circolo velico che frequento da cinquant’anni sul Lago di Bracciano, scomparsa per cinquant’anni, e riapparsa. Non mancano catene e maniglioni utilizzati per raddrizzare la Costa Concordia (ma volutamente non ho documentato l’agonia della nave), così come le àncore e le imbarcazioni delle tonnare. Infine, i relitti di navi moderne, abbandonati come quelli vicino a Marina di Ravenna.
Forse scrivere di relitti è un modo per esorcizzare il momento in cui ne potrei diventare uno io stesso. Forse è un modo inconscio di chiedere attenzione. Forse è un modo per non essere dimenticato, come sarebbero dimenticati tutti quelli senza nome che hanno navigato e che, tuttavia, ricordo qui.
Voglio mostrare al lettore il varco per entrare in un mondo diverso, immaginario ma reale. Sarà il lettore ad identificarne le caratteristiche.

Alcuni hanno la tentazione di recarsi – almeno con la mente, in attesa di andarci realmente – nei luoghi che descrivo nelle mie opere, nel Mediterraneo e nel resto del mondo. Da tanti relitti, speranza di salvezza e di vita. 

Buon vento…

OndeFineP

 Credit photo © Stefano Benazzo