IL SILENZIO DEL SUD di Giorgio Salvatori – Numero 2 – Ottobre 2015

Giorgio-Salvatori
per-questo-continuano

Lo Stato non è solo finanziamenti pubblici, ma anche leggi e doveri uguali per tutti. Pochi, al sud, reclamano il rispetto di questa regola. C’è un grande silenzio su questo nodo cruciale da parte della grande maggioranza della società meridionale. 

 

IL SILENZIO DEL SUD

 

simbolo2

Questa, in estrema sintesi, l’accusa di Ernesto Galli Della Loggia, dalle pagine del Corriere della Sera, in un editoriale del 9 agosto scorso. Analisi impietosa, cui si sovrappongono i dati, inquietanti, contenuti nel rapporto Svimez, la società che si occupa delle ricerche sul Mezzogiorno, secondo cui il sud, dal 2000 al 2013, ha visto aumentare il suo Pil del 13 per cento contro il 24 dell’agonizzante economia greca. “È sparito il sud” ha titolato, in copertina, l’Espresso del 10 settembre scorso e, nel sottotitolo, ha affondato il coltello: “crollo demografico, fuga dei cervelli, economia immobile, imprenditoria assente. Un terzo del paese è scomparso dalle mappe”. Se le cose stessero veramente così Myrrha potrebbe salutare i suoi lettori e scrivere un epitaffio: “ci siamo sbagliati, interrompiamo le pubblicazioni”. Noi, però, non pensiamo che il Sud sia scomparso, sommerso dalle sue piaghe storiche, dal suo fatalismo, dalla sua rassegnazione. Lo abbiamo scritto già sul primo numero della nostra rivista. Le tante manifestazioni spontanee, di giovani e di meno giovani, che, in assenza di convocazioni politiche o sindacali, si stanno moltiplicando in Campania, in Calabria, in Sicilia, dimostrano che una parte considerevole della società meridionale vuole uscire dal torpore e battersi per il cambiamento. Si tratta di studenti, imprenditori, comuni cittadini che chiedono proprio quello che Galli della Loggia invoca, cioè un’etica e una programmazione politica che, finora, sono mancate, nelle “sette regioni dell’antico regno borbonico”, come sottolinea Luigi Vicinanza nell’editoriale dell’Espresso dello scorso settembre. Se siano maggioranza o minoranza i meridionali non rassegnati all’immobilismo e al dominio della illegalità è problema secondario, almeno in questa fase, lenta, ma che a noi appare decisa, di presa di coscienza e di trasformazione sociale e culturale. Non si tratta di vedere il bicchiere mezzo pieno a differenza di chi, come Galli della Loggia, lo vede mezzo vuoto o addirittura privo di una fonte a cui attingere acqua. D’altra parte, le nostre analisi, non cercano di nascondere e neppure di edulcorare l’amaro sapore dei fallimenti e dei veleni di cui il Sud è cosparso per effetto dei tanti piani di sviluppo mai realizzati, degli sprechi, delle mafie che hanno spadroneggiato condizionando la politica, l’economia e l’occupazione nel Meridione. Carlo Borgomeo, in un articolo ospitato in questo numero (e già in sommario prima della divulgazione dei dati Svimez), afferma che il problema del sud è stato finora, sostanzialmente affrontato in termini di Pil, di divario economico tra un nord sviluppato e un meridione arretrato e immobile. “Bisogna invece chiedersi” – scrive Bogomeo – se si tratta soprattutto di questione economica, di reddito, o non riguardi piuttosto il grado di coesione sociale, di senso comunitario, di cultura della legalità diffusa e, più decisamente, di qualità della convivenza civile.

cat-sud
Editoriale-marrone
simbolo-art-marr

Questa, in estrema sintesi, l’accusa di Ernesto Galli Della Loggia, dalle pagine del Corriere della Sera, in un editoriale del 9 agosto scorso. Analisi impietosa, cui si sovrappongono i dati, inquietanti, contenuti nel rapporto Svimez, la società che si occupa delle ricerche sul Mezzogiorno, secondo cui il sud, dal 2000 al 2013, ha visto aumentare il suo Pil del 13 per cento contro il 24 dell’agonizzante economia greca. “È sparito il sud” ha titolato, in copertina, l’Espresso del 10 settembre scorso e, nel sottotitolo, ha affondato il coltello: “crollo demografico, fuga dei cervelli, economia immobile, imprenditoria assente. Un terzo del paese è scomparso dalle mappe”. Se le cose stessero veramente così Myrrha potrebbe salutare i suoi lettori e scrivere un epitaffio: “ci siamo sbagliati, interrompiamo le pubblicazioni”. Noi, però, non pensiamo che il Sud sia scomparso, sommerso dalle sue piaghe storiche, dal suo fatalismo, dalla sua rassegnazione. Lo abbiamo scritto già sul primo numero della nostra rivista. Le tante manifestazioni spontanee, di giovani e di meno giovani, che, in assenza di convocazioni politiche o sindacali, si stanno moltiplicando in Campania, in Calabria, in Sicilia, dimostrano che una parte considerevole della società meridionale vuole uscire dal torpore e battersi per il cambiamento. Si tratta di studenti, imprenditori, comuni cittadini che chiedono proprio quello che Galli della Loggia invoca, cioè un’etica e una programmazione politica che, finora, sono mancate, nelle “sette regioni dell’antico regno borbonico”, come sottolinea Luigi Vicinanza nell’editoriale dell’Espresso dello scorso settembre. Se siano maggioranza o minoranza i meridionali non rassegnati all’immobilismo e al dominio della illegalità è problema secondario, almeno in questa fase, lenta, ma che a noi appare decisa, di presa di coscienza e di trasformazione sociale e culturale. Non si tratta di vedere il bicchiere mezzo pieno a differenza di chi, come Galli della Loggia, lo vede mezzo vuoto o addirittura privo di una fonte a cui attingere acqua. D’altra parte, le nostre analisi, non cercano di nascondere e neppure di edulcorare l’amaro sapore dei fallimenti e dei veleni di cui il Sud è cosparso per effetto dei tanti piani di sviluppo mai realizzati, degli sprechi, delle mafie che hanno spadroneggiato condizionando la politica, l’economia e l’occupazione nel Meridione. Carlo Borgomeo, in un articolo ospitato in questo numero (e già in sommario prima della divulgazione dei dati Svimez), afferma che il problema del sud è stato finora, sostanzialmente affrontato in termini di Pil, di divario economico tra un nord sviluppato e un meridione arretrato e immobile. “Bisogna invece chiedersi” – scrive Bogomeo – se si tratta soprattutto di questione economica, di reddito, o non riguardi piuttosto il grado di coesione sociale, di senso comunitario, di cultura della legalità diffusa e, più decisamente, di qualità della convivenza civile.

 

image_print

PIC-NIC CON L’ORSO di Giorgio Salvatori – Numero 2 – Ottobre 2015

art_salvatori-copertina (2)
cat-scienza
cat-ambiente
Si-e-concluso

Che l’orso bruno sia un gran ghiottone lo sanno tutti. Ma di che cosa è goloso il nostro orso marsicano? Di miele, certamente, ma anche di pere e di mele selvatiche, di fragole, di frutti del sorbo, di bacche. Attrazioni irresistibili, per il più grande mammifero dell’Appennino centro meridionale un po’ come l’irrefrenabile voglia che si scatena, in noi umani, quando, all’improvviso, scorgiamo un vasetto di nutella incustodito in attesa del primo, impetuoso affondo del cucchiaino. I ricercatori del Parco Nazionale d’Abruzzo conoscono perfettamente sia le preferenze alimentari dell’orso sia i luoghi dove, a seconda delle stagioni, il nostro golosone va a caccia della sua “nutella”. Così, coadiuvati da guardaparco, agenti forestali e volontari, predispongono punti precisi di avvistamento per censire i plantigradi che ancora vivono nella storica area protetta. Tra agosto e settembre sono soprattutto le zone dove matura il ramno, una bacca di colore violetto di cui l’orso è particolarmente goloso, a essere sottoposte a stretta sorveglianza.

Per quattro settimane, all’alba e al tramonto decine di esperti e di appassionati, tutti selezionati e autorizzati dall’Ente Parco, si sparpagliano ovunque siano presenti in abbondanza i ramneti per tentare di avvistare il raro mammifero e conteggiare adulti già registrati,

Taciturno, abituato a fare più che a parlare Stefano Tribuzi è un naturalista autentico, l’esatto contrario di alcuni ecologisti salottieri, tante chiacchiere, molta vita cittadina e poca natura. Volto asciutto, baffi curati, ricorda un po’ l’attore americano Errol Flynn, adorato dalle nostre madri e nonne. Arrivò qui, da Roma, giovanissimo, negli anni settanta. Non è più andato via. La sua vita è con gli orsi e con i lupi, e questo tutti i direttori che si sono avvicendati nel Parco lo sanno, e sul suo bagaglio di esperienze hanno sempre contato per i censimenti ed i progetti di conservazione più importanti. Le epifanie della natura è la sua lezione, vanno conquistate, con passione, con fatica. È forse grazie a questa predisposizione d’animo che nello stesso Parco, anni fa, mi sono imbattuto nella visione magica e congiunta di tre lupi, emersi da chissà dove, e di un’aquila reale che quasi sfiorò la mia testa picchiando, ad ali spiegate, verso la valle sottostante. Molti però scambiano i parchi per un grande zoo, dove gli animali sono in mostra oppure per un luna park della natura, una immensa area verde dove apparecchiare una chiassosa tavola per il pic nic o, ancora peggio, un luogo dove scorrazzare rumorosamente in auto o in moto. Nessuna preoccupazione per il disturbo recato alla fauna selvatica o al rischio di investire uomini e animali. “Questo è uno dei problemi più seri e complessi che il Parco deve affrontare d’estate” dice Dario Febbo.

“Non basta il groviglio di competenze comunali, provinciali e regionali con cui, ogni giorno dobbiamo confrontarci. Far capire ai turisti che le strade tortuose che attraversano il Parco non sono un circuito per gimkane, su due o quattro ruote, è impresa ardua.

Ondine-F-Pag-Verdi

PIC-NIC CON L’ORSO

 

Giorgio-Salvatori-verde

È dunque l’orso bruno marsicano, (Ursus arctos marsicanus), la popolazione più vulnerabile e più preziosa, unica in Italia e nel Mondo, sia che si tratti di una sottospecie sia che si riveli agli studiosi come una specie autoctona.

quelli sfuggiti agli avvistamenti precedenti e, soprattutto, i nuovi nati, questi ultimi ancora più preziosi degli adulti. Perché è un patrimonio di immenso valore che si tenta di far accrescere e prosperare, uno straordinario dono del nostro Sud. Altrove, in Europa, (ad eccezione di alcuni Paesi del Nord, come la Svezia, la Finlandia, o dell’Est, come la Slovenia e la Croazia) l’orso bruno è ancora più raro, o è addirittura scomparso. È svanito dalla Danimarca e dall’Inghilterra, ad esempio, dove l’assenza è ormai una desolante realtà dall’epoca medievale, dal Belgio, dall’Olanda, dal Portogallo, dalla Svizzera (qui vengono segnalati solo erratismi occasionali). In Paesi come l’Ungheria e la Polonia, i numeri sono talmente esigui da non contare statisticamente. Il nostro orso bruno marsicano potrebbe essere addirittura una specie a sè stante. Gli studiosi non si sono ancora messi d’accordo su questo punto, ma se così fosse, si tratterebbe di un patrimonio ancor più prezioso, da difendere e da tutelare con ogni mezzo. Qualcuno potrebbe obiettare che in Italia esiste un altro orso, il Bruno Europeo, in progressiva espansione numerica lungo la fascia alpina, ma questa popolazione, è frutto, in gran parte, di recenti reintroduzioni, e appartiene alla specie Ursus arctos, cioè all’orso ancora presente, con popolazioni rilevanti, nelle regioni del Nord dell’Europa.

“La lotta è impari” afferma Tiziana Altea – “e il rischio è che tra qualche anno, nonostante i nostri sforzi, si debba assistere alla perdita di questo splendido animale che è il simbolo stesso del Parco”.

Tiziana Altea, capo dell’Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Castel di Sangro, dirige il lavoro dei forestali che tutelano, insieme con il personale del Parco, l’integrità ambientale e faunistica dell’area protetta. “Bracconaggio, turismo di massa, consanguineità, tutto sembra congiurare contro la sopravvivenza dell’orso”, continua la dirigente forestale, “noi, però, stringiamo i denti e lavoriamo per il suo benessere e per assicurargli un futuro”. È una donna tosta Tiziana Altea, infaticabile, motivata. La incontriamo in uno dei presidi più belli e meno noti del Corpo Forestale, Torre di Feudozzo, al confine con il Molise. Alloggi confortevoli, giardini curati, scuderie con cavalli di razza tra i quali i famosi e rari cavalli di Persano. Una piccola Svizzera che è il miglior biglietto da visita per il visitatore, italiano o straniero, che abbia la fortuna di scoprire questo angolo di natura silenziosa e custodita dalla sapiente mano di una donna capace. Altea mi propone di partecipare ad una delle escursioni curate dal Corpo Forestale per censire gli orsi. Parto con grande entusiasmo e poco allenamento per una meta impervia e poco frequentata: una cresta del Monte Miele che raggiungo a fatica dopo una salita mozzafiato (nel senso letterale) e che risulterà avara di sorprese. Tanti cervi, tra i quali due maschi dai palchi imponenti, ma nessun orso. Pazienza, stessa sorte il giorno precedente, a Spineto, a due passi da Pescasseroli con le sue moltitudini chiassose di fine agosto. Qui, accompagnato da una guida di straordinaria esperienza, Stefano Tribuzi, l’unica creatura che si manifesta in lontananza, attraverso le lenti poderose del nostro cannocchiale, è ancora una volta un cervo maestoso e solitario. All’alba del giorno precedente due ragazzi alla loro prima escursione, nello stesso punto di osservazione e con la stessa guida, avevano avuto la rara fortuna di avvistare un’orsa con il suo piccolo.

“Il mondo delle creature selvatiche è così”, commenta laconico Tribuzi, “benedice chi vuole e quando vuole non bisogna scoraggiarsi. Io ho pazientato 12 anni” –aggiunge – “prima di avvistare, a distanza ravvicinata, il mio primo orso marsicano”

Ma quanti orsi marsicani sopravvivono sull’Appennino centro meridionale? “Nel Parco, dove si stanno elaborando in questi giorni i dati del censimento, dovrebbero essere una cinquantina, cui vanno aggiunti” – afferma Dario Febbo, direttore della storica area protetta – “Una decina di individui segnalati, qua e là, nel Velino Sirente, sui Monti Ernici, sui Simbruini, sulla Majella”. Anche qui, come nel caso del capriolo italico (https://www.myrrha.it/articolo-salvatori-lunga-marcia-verso-salvezza-piccolo-capriolo-gargano) le leggi della biologia animale non ci fanno intravedere un futuro certo. Eppure questo è l’antico, leggendario, meraviglioso sovrano dei monti e dei boschi dell’Appennino Abruzzese. Ogni specie di mammifero che scenda sotto i cento individui è a serio rischio di estinzione affermano, purtroppo, gli zoologi. Per la maggiore probabilità di incroci tra consanguinei che indeboliscono la specie, per la minore capacità di difesa di fronte a eventi eccezionali meteorologici e climatici, per la maggiore vulnerabilità alla pressione antropica, al bracconaggio, alle morti accidentali per investimento da auto o da treno (è accaduto anche questo) ai decessi per avvelenamento. “Mai arrendersi, però”- dichiara battagliero Dario Febbo – “mai darsi per vinti”. Lui e i suoi collaboratori ce la stanno mettendo tutta per salvare dall’estinzione il più vegetariano e il più pacifico degli orsi di tutto il mondo. Perché l’estinzione, recita un vecchio slogan del WWF, è “per sempre”. Attorno a lui, oltre a una sessantina di guardiaparco e di ricercatori, una schiera di formidabili collaboratori a cominciare dal Corpo Forestale dello Stato.

Multe e ammonizioni non sono sufficienti. Ci vuole un cambio di mentalità. L’orso, più di tutti, ha bisogno di spazi vasti e tranquilli, mal sopporta il disturbo di turisti rumorosi e maleducati e neppure incontri ravvicinati e vetrine televisive”. Il riferimento è alle tante, pressanti richieste di mostrare al pubblico del piccolo schermo la nuova mascotte del parco. Si chiama Morena, ed è una piccola orfanella di orso trovata dalle guardie, tre mesi fa denutrita e disidratata, presumibilmente abbandonata dalla madre, accanto ad una strada transitabile del Parco. È stata recuperata e rifocillata, ma ora si stanno adottando mille cautele per farle superare il periodo della semi-cattività, e infine restituirla alla natura. Prima condizione: non farle subire l’imprinting umano, cioè l’eccessiva confidenza, l’abitudine al contatto e al nutrimento garantito dall’uomo. Senza questa precauzione sarebbe condannata a vivere in un recinto o a vagare, di notte, tra le case dei paesi in cerca di bidoni di rifiuti nei quali rovistare”.

La legge dei media, però – osserva Febbo – è spietata, obbedisce soprattutto al richiamo dell’audience, e il pubblico televisivo desidera credere in una natura che non esiste, il mondo di yoghi e di bambi.

Pochi sanno che un cucciolo di orso, vero, non creato da un disegnatore di fumetti o di cartoni animati, non sopporterebbe di essere preso ripetutamente in braccio e mostrato alle telecamere, a meno che non lo si voglia condannare alla schiavitù perpetua, in cattività, soltanto per il nostro divertimento”. Febbo mi mostra la curva degli indici di natalità di questo pacioso e solitario plantigrado. Le misure di protezione adottate a partire dal 1923 l’anno di istituzione del P.N.A., hanno consentito all’orso marsicano di sopravvivere e di resistere al crescente accerchiamento antropico e urbanistico. Le nascite, però sono state quasi interamente vanificate dalle morti causate, direttamente o indirettamente, dagli uomini. Dal nuovo censimento, perciò, si attende non il miracolo, ma il rinnovamento delle speranze.

Qualche cucciolo in più farebbe la differenza, a condizione che tacciano per sempre le armi micidiali dei bracconieri e si plachino gli scalmanati della velocità e gli alchimisti dei veleni. Che cosa sarebbe, altrimenti, il Parco, senza l’orso?

Un bellissimo volto dal sorriso sdentato, un castello abbandonato, un reame senza il suo sovrano. La fiaba resiste, certo, ma il rischio, dietro l’angolo, è che conservi il suo bell’incipit: “C’era una volta un re”, ma non il suo finale: “e vissero tutti felici e contenti”. Giorgio Boscagli, lo zoologo che, negli anni ottanta, raccolse in un libro le prime statistiche sulla presenza dell’orso marsicano nel nostro Appennino, scrive nella prima pagina del suo saggio. “Se una sera vedrai all’orizzonte la mia sagoma scura aspetta, osserva, non muoverti, potrebbe essere l’ultima mia apparizione”. Il re, per nostra fortuna, è ancora là, nascosto tra monti e boschi fra i più belli del mondo. Sta a tutti noi aiutarlo a regnare libero e solitario, non possiamo accettare l’idea di vederlo confinato, per sempre, in un Museo.

 

image_print

MEDITERRANEO CENTRO DELLE DIVERSITÀ di Giusto Puri Purini – Numero 2 – Ottobre 2015

art_puri-copertina (1)
cat-sud
cat-cultura
cat-storia
verso-una-nuova

Palestina a Roma, il viaggio di S. Paolo.
Poi, l’esperienza ai “Vivai Del Sud” come Art-Director, in un contraltare di ombre sfavillanti, al design milanese, allora imperante, rigoroso e scarno.
Il mio punto di partenza di questa lunga ricerca senza fine è stato un libro, divenuto un cult degli anni 60, edito in USA, “The Hole Earth Catalogue”, accompagnato da uno splendido “Architettura Spontanea” di Bernard Rudowsky.
Nel Mediterraneo, quell’edificare nuragico, quei trulli di pietra, le Pagliare salentine e tante altre tipologie simili, sprigionavano un fascino che solo una vera armonia con la natura circostante poteva sprigionare.
Il Sud diventava così un osservatorio privilegiato, ed era l’habitat a far scorrere fra le genti quel minimo comune denominatore. Cambia lo scenario e il pensiero va al Nostro Mare, ai 1-10 -100 – Mediterranei, sparsi nel mondo, dove condizioni simili avevano creato Civiltà Simili, fino a raggiungere, nonostante rivalità e conflitti, eccellenze in tanti campi.

Dall’Himalaya quindi, “nuovo” antico centro, verso di noi (occidente) come un sasso in uno stagno attraverso fasce circoncentriche di culture e civiltà complesse, fino al Mediterraneo, alle colonne d’Ercole, superate psicologicamente e storicamente solo nel 1492, dall’altra parte, verso il continente americano, dove le colonne d’Ercole asiatiche rappresentavano per i popoli in movimento un “unicum” terrestre, continuo, e oggi è in distanza reale come da Stromboli vedere Panarea.
In questa collocazione strategica delle cose, come un grande progetto del passato, appare più naturale, originale per noi del Mediterraneo, proporre un viaggio a ritroso dai Greci verso oriente, alla ricerca di quelle tracce unificanti che diano ragione al progredire all’incontrario della storia e delle sue influenze.

immaginare un nuovo centro più “Mediterraneo” degli altri, il più alto, il più forte, il più vario climaticamente, centro di produzione di fonti vitali quali l’acqua, la terra, l’aria e il fuoco.

simbolo1

MEDITERRANEO CENTRO DELLE DIVERSITÀ

 

Giusto-Puro-Purini

Questa e altre sono

le responsabilità di MYRRHA, raccogliere quelle tracce originarie, per avviarci verso una nuova contemporaneità dei mezzogiorni, che prodotta dal territorio e dalle genti che ci vivono, contribuisca, con quelle nobili origini, alla trasformazione del mondo in direzioni il più possibile sostenibili.

Ma, se similitudini tra le poleis sono una certezza, che nasce dalle analogie delle necessità, diverso è il discorso sulle ideologie, sulle religioni, che dovrebbero essere le cinghie di trasmissione delle varie conoscenze, e dei suoi vari stati di sviluppo, e al contrario offuscano, ora da una parte ora dall’altra, con interventi drastici, l’immagine con la quale hanno assunto il loro ruolo egemonico tra le genti.
Se prevalesse la politica del “senso comune”, quello con la C maiuscola, a dispetto delle faziosità pratiche e della microconflittualità, in un’area come quella del Mediterraneo, rimarrebbero, alla fine, le diversità individuali e culturali sempre più appariscenti e spettacolari, come anche le sfumature e le similitudini… si fonderebbero piramidi con colonne, palme con bastoni, vezzi con potenzialità costruttive, i vuoti con i pieni, le ombre con la luce, i colori, in un infinito gioco delle parti, un crogiolo pieno da cui pescare con passione.

Come un’atomizzazione del territorio, collegati da flussi energetici, così ci appaiono gli insediamenti umani del Mediterraneo ed è questo infine il segno di molteplicità, intesa come scuola, fucina delle esperienze umane, come sviluppo del viaggio e della ricerca, e oltre a noi verso Est, l’immane pianeta oriente, più antico, più vasto, più alto, con altrettanti paradisi,

(French quarter, S. Charles, ecc.).
Immaginare tutto ciò, insieme ad influenze indiane, africane, francesi, inglesi, creole… un altro Mediterraneo e così via… Ed è questo il senso della ricerca (così come appare nell’Oltre il 7), suggerendo di collegare a questi viaggi, ed a questi spunti, un progettare continuo, un essere presente con strumenti adeguati, dubbi e certezze (impermanenze) suggerendo porte da aprire, sguardi da volgere, attivare i nostri sensi, raccontare le storie che fluiscono da nuovi incontri, costruire molteplici direzioni.
E, viaggiando oltre i Greci, quindi, verso la Ionia; l’Asia Minore e oltre; riuscire a far pace con la cultura d’origine, quella Greca, la nostra, nonostante si sia impadronita nei secoli di verità profonde, provenienti dal lontano oriente, e dopo averle acquisite, abbia alzato un baluardo verso quelle culture, considerando barbare le terre dalle quali Alessandro Magno, tanto aveva appreso (per esempio il Dio unico) in così poco tempo.
Scoprire, inoltre, affascinati, le favole dei miti, e, con l’architettura, le loro componenti terrene, come il mito della “Chimera”, drago e leone, sconfitta da Bellerofonte, con un dardo di piombo, con l’aiuto di Pegaso il cavallo alato, e precipitare sui monti della Lycia accanto ad Olimpia, lasciando al suolo 600 bocche di fuoco ancora fiammanti oggi, e descritte da Erodoto, in viaggio via mare da Side verso Alicarnasso, trent’anni dopo l’epica impresa di Alessandro Magno (330 a.C.).

 

Questo “non essere” cultura sedentaria ne ha spinto alcuni, nei tempi più remoti, verso il nord prima, e verso oriente poi, ancora… verso lo stretto di Bering, e le pianure nord americane, determinando la nascita e lo sviluppo di nuovi popoli, allungatisi e frazionatisi in un’infinita migrazione verticale… fino all’australe 

Patagonia…

Il Sud è nel mio DNA e nella mia mente da sempre. Un’attrazione irresistibile per quelle leggende e quei miti! Ho avuto un padre triestino-mitteleuropeo e una madre salernitana. Il Sud è entrato nella mia vita, come longitudine e latitudine, durante i miei studi alla facoltà di Architettura a Valle Giulia, e proseguito come scenografo di Roberto Rossellini con “Gli Atti degli Apostoli”, dove si descrive, dalla 

con centri del mondo come il Kaylas nell’Himalaya, ove il “macro” del pianeta si esalta, e i fiumi fluiscono senza fine verso i quattro punti cardinali della terra, e con loro fluisce il sapere, antichi intrecci, di dialogo cosmico mai interrotto, quel fruscio di qualche cosa che è arrivato anche a noi e forse ad altri.
E poi, oltre l’estremo Oriente, l’America invasa in tempi più recenti ancora dal “suo Oriente”, ma questa volta siamo noi, i popoli dell’occidente, ad avere incrinato l’idilliaco vivere delle popolazioni indiane, ricche di grandi civiltà e depositarie di antichi segreti. Vi abbiamo condotto in catene gli africani, e da questa unione impossibile è nato il nuovo continente, dove il magnifico e l’orribile si sono spesso avvinghiati in furiosi corpo a corpo, per fare sorgere comunque un laboratorio umano d’incredibile spessore, che da questa esperienza sta conducendo oggi la sfida mondiale agli altri continenti e alle vecchie sedimentazioni.
Mi viene in mente, tra gli altri “Mediterranei” il Golfo del Messico con New Orleans, regina in USA della musica, città “entertainment” del passato.

Il fatto di collegare impianto architettonico e giardino attraverso continui confronti e interazioni, ha reso possibile assimilare i segnali di un’architettura filtrante che sdrammatizzasse la severa occupazione di spazio del corpo centrale, con elementi leggeri che ne fossero come un’intercapedine e, quindi, anche matrice di una nuova possibilità di progettazione anche a livello di scale diverse, dai padiglioni effimeri ad interi quartieri di case minute (2 piani) e leggiadre, soffuse di Palladismo e ricche di armonia

Da qui l’idea dei due orienti, se visto dal nostro osservatorio mediterraneo, marginale in qualche modo rispetto al movimento vorticoso delle genti sino, mongole, tibetane.
Esse sono per noi il profondo oriente; quindi diviene “oltre oriente” per noi anche la terra degli maquis sugli altopiani messicani, e gli sciamani di corvo Rosso nelle “Black Hills”.
Le similitudini etniche sono stupefacenti, quelle semantiche e spirituali altrettanto…
Coloro invece che sono rimasti e hanno vegliato nei millenni all’ombra del Kaylas, nel centro del mondo al centro delle vette più alte, lì dove l’impatto della deriva dei continenti è stato più forte (subcontinente indiano con continente asiatico) sono il popolo tibetano, detto per eccellenza “il popolo degli uomini” così come si definiscono gli indiani delle praterie americane.
Questo popolo degli uomini è oggi calpestato come tanti altri popoli in terre ancora più lontane, ad Oriente… e come ci accaniamo contro la foresta Amazzonica, privando la terra del suo ossigeno, così falciamo i popoli antichi, cinghie di trasmissione di quella impertinenza, di cui avremo bisogno, oscurando i pochi fenomeni luce a noi rimasti.
Andare quindi verso oriente in un viaggio orizzontale attratti da un’antica verità, un’origine storico-geografica comune, una culla dei popoli, che attraverso il suo dispiegarsi, illustri come un grafico i movimenti vorticosi degli uomini;

 

image_print

SYRACUSE, MEDITERRANEAN CROSSROADS FOR THE CULTURE OF JUSTICE di Giovanni Pasqua – Numero 2 – Ottobre 2015

art_pasqua-copertina
cat-scienza
cat-economia
Giovanni-Pasqua
the-international

The International Institute of Higher Studies in Criminal Sciences (ISISC) was founded in 1972 with the ambition of establishing in Syracuse, in the heart of the Mediterranean, an international center for research, study and education that could be an ideal bridge between north and south, east and west, between the Western and the communist countries, between Europe and the Arab world. A place where, despite the apparent peripheral location and the turbulent international political framework, ideas, principles and values could be discussed freely, thus contributing to the development and dissemination of international criminal law.

simbolo7
art_pasqua-1
art_pasqua-2

This idea was brought forward by the International Association of Penal Law (AIDP) – the oldest and most prestigious association of jurists in the field of criminal law, established in the mid-XIX century – to which we owe the original vision of the Institute, and the support of the local authorities.
To date, over the 40 years since its foundation, and after more than 550 initiatives including seminars, conferences, training courses, research programs and technical assistance projects attended by more than 42,000 law professionals from over 160 countries, but especially in light of the numerous awards received1, it can be said without fear of contradiction that the original objective has been achieved.
The nature and the mission of the Institute are also symbolically represented by ISISC’s new headquarters, located since 2010 in the narrow streets of the old Jewish ghetto of Iureca, in the former Christian Church of San Francesco di Paola and attached Convent of the Minims, while its President Professor M. Cherif Bassiouni, considered one of the fathers of international criminal law, is Egyptian by birth and Muslim by religion.

The presence and activities of the Institute in Siracusa and in Sicily have a symbolic significance. For 40 years the beautiful city of Siracusa, with its ancient culture radiating from the center of the Mediterranean, and its representing a bridge – both geographically and culturally – between the Western and Eastern civilization, has been the host city of this Institute, which likewise spreads the culture of legality and the protection of human rights all over the world, uniting in itself the legal and cultural traditions present at the international level.
In an emblematic gesture, the city of Siracusa has proclaimed itself to be a “city of peace and human rights”. It is a motto that is reflected in the Institute’s work, affirming our conviction that peace and justice are indivisible: there can be no peace without justice, and no justice without peace7.

1. ISISC is a foundation acknowledged by a Decree of the President of the Italian Republic in 1980, and a NGO recognized by Decree Law of the Italian Ministry of Foreign Affairs in 2006, enjoying consultative status with the United Nations and the Council of Europe. It is also one of the 18 international organizations comprising the United Nations Crime Prevention and Criminal Justice Programme Network (PNI) and has cooperation agreements with several international and Italian institutions (High Judicial Council, Higher School of the Judiciary, Higher School of Advocacy). 2. The Institute then continued to support the work of the Committee, organizing several meetings of the Preparatory Committee that led to the establishment of the International Criminal Court (ICC – CPI) in 1998 by the Diplomatic Conference held in Rome; the President of ISISC was also President of the Drafting Committee. 3. Among these instruments, we should mention the drafting of the ‘Convention on International Cooperation in Criminal Matters’, a curriculum for the teaching of European Criminal Conventions in European universities, and the ‘Guidelines for the Protection of Cultural Heritage in Europe’ (with the support of the European Parliament). 4. These instruments include the ‘Principles on the Independence of the Judiciary and the Legal Profession’, ‘Principles on the Protection of the Rights of the Mentally Ill’, ‘Guiding Principles on Crime Prevention and Criminal Justice in the Context of Development’, ‘Model Treaty on the Transfer of Prisoners’ , ‘Model Treaty on the Transfer of Criminal Proceedings’, ‘Model Treaty on Extradition’, ‘Model Treaty on Enforcement of Sentences’. 5. In the framework of this program, a conference was held in Syracuse in September 2003 which was attended by delegations from all the 22 member countries of the Arab League, seven of which were represented by their Ministers of Interior or Justice. 6. In recognition of its efforts in Afghanistan, ISISC was awarded the “2008 Management and Staff Training Award”, a prize presented by the International Corrections and Prisons Association (ICPA), an international association of experts in penitentiary law representing more than 80 countries. 7. In several publications, ISISC President Prof. M. Cherif Bassiouni quotes the following sayings from the three largest monotheistic religions, which all emphasize the importance of this concept: “The world rests on three pillars: on truth, on justice, and on peace” (Rabban Simeon ben Gamaliel); “If you see a wrong you must right it; with your hand if you can, or, with your words, or, with your stare, or in your heart” (Hadith of the Prophet Mohammed); “If you want peace, work for justice” (Pope Paul VI).

 ITA | ENG  | FR

Among the Institute’s most significant contributions to the development of international criminal law must be mentioned the support given, since the 70s, to the establishment of the International Criminal Court, whose first draft text elaborating its Statute, put before the United Nations Preparatory Committee in 1996, was called the ‘Siracusa Draft’2. The Institute also played a central role in drafting numerous UN Conventions, including the Convention against Torture (adopted in 1984), whose first text was drafted by a group of experts who met in Syracuse, and many legal instruments approved by the Council of Europe3 and the United Nations4, currently used for the alignment of the legislation of the UN member states.
As part of its mission, the Institute has paid particular attention to the Mediterranean area and the Middle East, contributing to the dialogue between the Western and Islamic systems in order to lay the basis for a mutual understanding aimed to promote initiatives of mutual cooperation. In the late 80s, thanks to the contribution of the Council of Europe, the ‘European Convention on Human Rights and its Protocols’ and the ‘European Convention on Torture’ were translated into Arabic. In the same period ISISC conducted numerous programs for human rights information, that culminated in the elaboration of a draft ‘Arab Charter of Human Rights’. In the framework of the collaboration with the Arab League, the ‘Arab Framework Law on International Cooperation in Criminal Matters’ was then drafted, which has then become a fundamental tool for the alignment of Arab countries’ legislation5.

SYRACUSE, MEDITERRANEAN CROSSROADS FOR THE CULTURE OF JUSTICE

 

simbolo-art-ara
simbolo-art-ar-2

However, the Institute has not only worked for the development of regulatory standards and research activities aimed at advancing the scientific debate, but, since early 2000, it has applied its considerable know-how and experience in support of developing and post-conflict countries, through the implementation of technical assistance projects in countries such as Afghanistan, Albania, Egypt, Iraq, Lebanon and Macedonia. In Afghanistan, for example, ISISC was present from 2003 to 2010 with activities mainly funded by the Italian government and the United Nations, but also by Great Britain, Lithuania, Norway and the United States. These activities addressed the reform of the penal system, the protection of human rights, penitentiary reforms6 and counter narcotics efforts, and they involved more than 2,700 judges and police officers and covered 19 of the 32 Afghan provinces. In Iraq, since 2002, the Institute has carried out several technical assistance programs in the field of human rights, the rule of law and post-conflict justice, developing, among other things, a strategic plan for the reform of the judicial system that was approved by the Prime Minister of Iraq in 2006.

simbolo-art-ara

 

image_print

SIRACUSA CROCEVIA MEDITERRANEO PER LA CULTURA DELLA GIUSTIZIA di Giovanni Pasqua – Numero 2 – Ottobre 2015

art_pasqua-copertina
cat-scienza
cat-economia
Giovanni-Pasqua
l-istituto-superiore

alla diffusione del diritto penale internazionale. 



Intorno a questa idea si incontrarono la volontà dell’Associazione Internazionale di Diritto Penale (AIDP) – la più antica e prestigiosa associazione di giuristi nel campo del diritto penale costituita a metà del XIX Secolo – alla quale si deve l’idea originaria e la lungimiranza degli enti locali siciliani dell’epoca.

Dopo oltre 40 anni dalla sua fondazione e dopo oltre 550 iniziative tra seminari, conferenze, corsi di formazione, progetti di ricerca e di assistenza tecnica, con la partecipazione di più di 42.000 giuristi di oltre 160 Paesi, ma soprattutto alla luce dei riconoscimenti ricevuti1, si può affermare senza tema di smentita che questo obiettivo sia stato centrato.

La natura e la vocazione dell’Istituto sono oggi simbolicamente rappresentati anche dalla nuova sede dell’ISISC che dal 2010 è stata spostata tra gli stretti vicoli dell’antico ghetto ebraico della Iureca, nell’ex Chiesa Cristiana e convento di San Francesco Di Paola, e dal suo Presidente il Prof. Cherif Bassiouni, egiziano di nascita e musulmano di religione, considerato tra i padri del diritto penale internazionale.

simbolo7
art_pasqua-1
art_pasqua-2

Tra i più significativi contributi dell’Istituto intesi a promuovere lo sviluppo del diritto penale internazionale vanno ricordati il supporto dato sin dagli anni settanta all’istituzione della Corte 

Penale Internazionale

la cui prima bozza di testo presentata davanti al Comitato Preparatorio delle Nazioni Unite nel 1996 con il compito di elaborare lo Statuto della Corte venne chiamata Siracusa Draft2. L’Istituto, inoltre, ha avuto un ruolo fondamentale nell’elaborazione di numerose Convenzioni delle Nazioni Unite, fra cui quella contro la Tortura (adottata nel 1984) il cui primo testo fu redatto da un gruppo di esperti riunitisi a Siracusa, ed in numerosi strumenti giuridici approvati dal Consiglio d’Europa3 e dalle Nazioni Unite4, attualmente utilizzati per l’adeguamento legislativo dei Paesi membri dell’ONU. 

Come propria missione l’Istituto ha dedicato una particolare attenzione al bacino del Mediterraneo e del Medio Oriente, contribuendo al dialogo fra i sistemi occidentali e islamici nell’ottica di porre le basi per una reciproca conoscenza al fine di favorire iniziative di mutua cooperazione. Sul finire degli anni ottanta e grazie al contributo del Consiglio d’Europa sono state tradotte in arabo la ‘Convenzione Europea sui Diritti Umani e i suoi Protocolli’ e della ‘Convenzione Europea sulla Tortura’, e nello stesso periodo sono stati condotti numerosi programmi per la diffusione dei diritti umani che sono culminati nell’elaborazione di una bozza della Carta Araba dei Diritti Umani.

e che fa da ponte – sia geografico quanto culturale – fra la civiltà occidentale e quella orientale, così l’Istituto ha promosso la diffusione della cultura della legalità e della tutela dei diritti umani in tutto il mondo, riunendo in sé le istanze delle diverse tradizioni giuridiche e culturali presenti a livello internazionale. 

Con un gesto emblematico, la città di Siracusa è stata proclamata “Città per la Pace e per i Diritti Umani”. Queste parole si riflettono a loro volta nella missione stessa dell’ISISC, che non fa che riaffermare la sua convinzione che pace e giustizia non siano divisibili: non vi può essere pace senza giustizia, né giustizia senza pace7.

1. L’ISISC è una Fondazione riconosciuta con Decreto del Presidente della Repubblica Italiana dal 1980 e ONG riconosciuta con Decreto del Ministero degli Esteri del 2006 e ha ottenuto lo Statuto Consultivo presso le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa. E’ inoltre uno dei 18 Istituti a livello internazionale membri del Network delle Nazioni Unite per la Prevenzione del Crimine e la Giustizia Penale (PNI) e ha accordi di collaborazione con istituzioni Italiane (CSM, Scuola della Magistratura, Scuola dell’Avvocatura) ed internazionali. 2. L’Istituto ha poi continuato a supportare i lavori della Commissione, organizzando numerose riunioni del Comitato Preparatorio che hanno portato all’istituzione della Corte Penale Internazionale (ICC – CPI) nel 1998 da parte della Conferenza Diplomatica tenutasi a Roma e di cui il presidente dell’ISISC fu anche Presidente del Comitato di redazione. 3. Tra questi strumenti vanno menzionati la redazione della ‘Convenzione sulla cooperazione internazionale in materia penale’, un programma di studi uniforme per l’insegnamento delle Convenzioni Penali Europee nelle università europee, le ‘Linee-Guida per la tutela del patrimonio dei beni culturali in Europa’ (con la partecipazione del Parlamento Europeo). 4. Tra questi strumenti i “Principi sull’indipendenza del potere giudiziario e della professione legale”, “Principi sulla tutela dei diritti del malato di mente”, “Principi Guida sulla prevenzione del crimine e sulla giustizia penale nel contesto dello sviluppo “, “Trattato Modello sul trasferimento dei detenuti”, il “Trattato Modello sul trasferimento dei procedimenti penali”, il “Trattato Modello sull’estradizione”, il “Trattato Modello sull’esecuzione delle sentenze penali”. 5. Nell’ambito di tale programma nel settembre 2003 si tenne a Siracusa una Conferenze alla quale parteciparono le delegazioni di tutti i 22 Paesi membri della lega Araba, e 7 di queste erano rappresentate dai rispettivi Ministri dell’Interno o della Giustizia. 6. Come riconoscimento di tale impegno, l’ISISC è stato insignito del “2008 Management e Staff Training Award”, un premio assegnato dall’International Corrections and Prisons Association (ICPA), un’associazione internazionale composta da esperti di diritto penitenziario in rappresentanza di oltre 80 paesi, per le attività svolte in Afghanistan. 7. In diverse sue pubblicazioni, il Presidente dell’ISISC, Prof. Cherif Bassiouni, riporta le seguenti citazioni dalle tre grandi religioni monoteiste, che sottolineano tutte l’importanza di tale concetto: “Il mondo si basa su tre fondamenti: sulla verità, sulla giustizia, e sulla pace” Rabban Simeon Ben Gamaliel. “Se vedi uno sbaglio bisogna correggerlo; con le tue mani se puoi, o con le tue parole, o con il tuo sguardo, o nel tuo cuore” Hadith del Profeta Maometto. “Se vuoi la pace, lavora per la giustizia” Papa Paolo VI.

 ITA | ENG  | FR

L’ambizione dei soci fondatori che nel 1972 costituirono l’Istituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali “ISISC”, era quella di creare a Siracusa, nel cuore del Mediterraneo, un centro di ricerca, studio e formazione internazionale che potesse costituire un ponte ideale tra nord sud est ovest, tra i Paesi Occidentali e quelli comunisti, tra l’Europa e il mondo Musulmano. Un luogo nel quale a dispetto della collocazione apparentemente periferica e del turbolento quadro politico internazionale si potesse discutere e confrontarsi su idee, principi e valori, contribuendo allo sviluppo e 

Nell’ambito della collaborazione con la Lega Araba è stata poi elaborata la Legge Quadro Araba sulla Cooperazione Internazionale in Materia Penale divenuto uno strumento fondamentale per l’adeguamento legislativo dei Paesi arabi5.

L’Istituto non si è però limitato allo sviluppo di standard normativi e di attività di ricerca volte al progresso del dibattito in sede scientifica, ma dall’inizio del 2000 ha inteso mettere a disposizione l’enorme bagaglio di conoscenze e di esperienza anche a favore dei Paesi in via di sviluppo e quelli usciti da conflitti attraverso l’implementazione di numerosi progetti di assistenza tecnica, in Afghanistan, Albania, Egitto, Iraq, Libano, Macedonia. In Afghanistan, ad esempio, l’ISISC è stato presente dal 2003 al 2010 con attività finanziate principalmente dal Governo italiano e dalle Nazioni Unite, ma anche da Gran Bretagna, Lituania, Norvegia e Stati Uniti, sulla riforma del sistema penale, sulla tutela dei diritti umani, sulla riforma penitenziaria6 e sulla lotta agli stupefacenti, coinvolgendo oltre 2.700 magistrati e ufficiali di polizia e svolgendo attività in ben 19 delle 32 province afgane. Anche in Iraq, dal 2002 ad oggi, l’Istituto ha svolto numerosi programmi di assistenza tecnica nel campo dei diritti umani, dello stato di diritto e della giustizia del dopoguerra elaborando anche un Piano Strategico per la riforma del sistema giudiziario che è stato approvato dal Primo ministro iracheno nel 2006.

La presenza e le iniziative dell’Istituto a Siracusa e in Sicilia contengono sicuramente un significato simbolico. Allo stesso modo in cui la splendida città di Siracusa, possiede una sua cultura antica che s’irradia dal centro del Mediterraneo,

SIRACUSA CROCEVIA MEDITERRANEO PER LA CULTURA DELLA GIUSTIZIA

 

 

image_print

SYRACUSE CARREFOUR MEDITERRANÉEN POUR LA CULTURE DE LA JUSTICE di Giovanni Pasqua – Numero 2 – Ottobre 2015

art_pasqua-copertina
cat-scienza
cat-economia
Giovanni-Pasqua
l-institut

et contribuer au développement et à la diffusion du droit pénal international. 

Autour de cette idée se rencontrèrent la volonté de l’Association Internationale de Droit Pénal (AIDP) – la plus ancienne et la plus prestigieuse association d’avocats dans le domaine du droit pénal établie au milieu du XIXème siècle – qui eut l’idée originale de cet Institut, et la vision des institutions locales siciliennes de l’époque.

Plus de 40 ans après sa fondation et plus de 550 initiatives après – séminaires, conférences, cours de formation, projets de recherche et d’assistance technique – auxquelles ont participé plus de 42.000 avocats originaires de plus de 160 pays, mais surtout à la lumière des manifestations de reconnaissance reçues1, on peut affirmer sans crainte d’être contredit que cet objectif a été atteint.

La nature et la vocation de l’Institut sont maintenant également représentées symboliquement par le nouveau siège de l’ISISC qui, depuis 2010, a été déplacé dans les rues étroites du vieux ghetto juif de la Iureca, dans l’ancienne église chrétienne et le couvent de San Francesco di Paola, et par son Président, le Professeur Cherif Bassiouni, Egyptien de naissance et de religion musulmane, considéré comme l’un des pères du droit pénal international.

 

SYRACUSE CARREFOUR MEDITERRaNÉEN POUR LA CULTURE DE LA JUSTICE

 

simbolo7
art_pasqua-1
art_pasqua-2

Parmi les contributions les plus importantes de l’Institut pour promouvoir le développement du droit pénal international, il convient de mentionner le soutien apporté depuis les années soixante-dix à la mise en place de la Cour Pénale Internationale,

dont le projet de texte initial présenté devant le Comité préparatoire de l’Organisation des Nations Unies en 1996 avec la tâche de rédiger le Statut de la Cour est connu sous le nom de Projet de Syracuse2. L’Institut a également joué un rôle dans le développement de nombreuses Conventions des Nations Unies, y compris celle contre la torture (adoptée en 1984) dont le premier texte fut rédigé par un groupe d’experts réunis à Syracuse, et dans de nombreux instruments juridiques approuvés par le Conseil de l’Europe3 et les Nations Unies4, actuellement utilisés pour la mise en conformité des législations des pays membres de l’ONU. 

Fidèle à sa mission, l’Institut a accordé une attention particulière au bassin méditerranéen et au Moyen-Orient, contribuant au dialogue entre le monde islamique et les systèmes occidentaux, afin de jeter les bases pour une compréhension réciproque et pour promouvoir des initiatives de coopération mutuelle. À la fin des années quatre-vingts, et grâce à la contribution du Conseil de l’Europe, la «Convention Européenne des Droits de l’Homme et ses Protocoles» et la «Convention Européenne sur la Torture» ont été traduites en arabe. Au cours de la même période, de nombreux programmes pour la diffusion des Droits de l’Homme ont été menés et ils ont abouti à l’élaboration d’un projet de Charte Arabe des Droits de l’Homme..

et qui relie – à la fois géographiquement et culturellement – les civilisations occidentales et orientales, l’Institut a encouragé la propagation de la culture de la légalité et de la protection des Droits de l’Homme dans le monde entier, réunissant en son sein les différentes traditions juridiques et culturelles présentes à l’échelle internationale. 

Symboliquement, la ville de Syracuse a été proclamée “Ville pour la Paix et Droits de l’Homme”. Ces mots se reflètent à leur tour dans la mission même de l’ISISC, qui ne peut que réaffirmer sa conviction que la paix et la justice ne sont pas divisibles: il ne peut y avoir de paix sans justice, ni de justice sans paix6.

1. L’ISISC est une fondation reconnue par Décret du Président de la République Italienne de 1980 et une ONG reconnues par Décret du Ministère des Affaires Etrangères de 2006. Il jouit d’un statut de Catégorie 2 à l’ONU et c’est l’une des 18 organisations affiliées au Programme pour la Prévention du Crime et la Justice Pénale de l’Organisation des Nations Unies (PNI). L’Institut bénéficie également du statut d’organe consultatif auprès du Conseil de l’Europe. L’ISISC, enfin, a conclu des accords de collaboration avec des institutions si bien italiennes (Conseil Supérieur de la Magistrature, École de la Magistrature, Ecole des Avocats) que internationales. 2. L’Institut a également continué à soutenir le travail de la Commission, en organisant plusieurs réunions du Comité Préparatoire qui ont conduit à la création de la Cour Pénale Internationale (CPI – IPC) en 1998 par la Conférence Diplomatique tenue à Rome et dont le Président de l’ISISC fut également Président du Comité de Rédaction. 3. Parmi ces outils figurent la rédaction de la «Convention sur la Coopération Internationale en Matière Pénale», un programme d’études unifié pour l’enseignement des Conventions Pénales Européennes dans les universités européennes, les «Lignes Directrices pour la Protection du Patrimoine Culturel en Europe » (avec la participation du Parlement Européen). 4. Parmi ces outils les «Principes relatifs à l’indépendance de la magistrature et la profession juridique», «Principes pour la protection des droits des malades mentaux », « Principes directeurs sur la prévention du crime et la justice pénale dans le contexte du développement », « Traité Type sur le transfert des détenus », le « Traité Type sur le transfert des procédures pénales », le « Traité Type d’extradition », le « Traité Type sur l’exécution des décisions pénales ». 5. Dans le cadre de ce programme, une Conférence a eu lieu à Syracuse en Septembre 2003, réunissant des délégations de l’ensemble des 22 pays membres de la Ligue arabe, dont sept d’entre eux ont été représentés par leurs Ministres de l’Intérieur ou de la Justice. 6. Dans plusieurs publications, le Président de l’ISISC, le Professeur Cherif Bassiouni, mentionne les citations suivantes des trois grandes religions monothéistes, qui soulignent toutes l’importance de ce concept: «Le monde repose sur trois piliers: la vérité, la justice, et la paix » Rabin Siméon ben Gamaliel. « Si tu vois une erreur, tu dois la corriger; avec tes mains si tu peux, ou tes paroles, ou ton regard, ou dans ton cœur » Hadith du Prophète Mohamed “Si tu veux la paix, travaille pour la justice” Pape Paul VI.

 ITA | ENG  | FR

L’ambition des fondateurs, qui en 1972 formèrent l’Institut International des Hautes Etudes en Sciences Pénales “ISISC”, était de créer à Syracuse, en plein cœur de la Méditerranée, un centre international de recherche, d’étude et de l’éducation qui puisse être un pont entre le nord le sud l’est et l’ouest, entre les pays occidentaux et les pays communistes, entre l’Europe et le monde musulman. Un endroit où malgré sa situation apparemment périphérique et le cadre turbulent de politique internationale il serait possible de discuter et débattre sur des idées, des principes et des valeurs, 

 Dans le cadre de la collaboration avec la Ligue Arabe, la Loi Cadre Arabe sur la Coopération Internationale en Matière Pénale a ensuite été rédigée, devenant un outil fondamental pour la mise en conformité législative des pays arabes5.

L’Institut ne s’est cependant pas limité à l’élaboration de normes réglementaires et à des activités de recherche visant à faire avancer le débat dans la communauté scientifique. Au contraire, depuis le début des années 2000, il s’est efforcé de mettre l’immense richesse de ses connaissances et de ses expériences à disposition des pays en voie de développement et de ceux qui sortent d’un conflit, à travers la mise en œuvre de plusieurs projets d’assistance technique en Afghanistan, Albanie, Egypte, Irak, Liban et Macédoine. En Afghanistan, par exemple, l’ISISC a été actif entre 2003 et 2010 par des initiatives financées principalement par le gouvernement italien et l’Organisation des Nations Unies, mais aussi par la Grande-Bretagne, la Lituanie, la Norvège et les États-Unis, sur la réforme du système pénal, la protection des Droits de l’Homme, la réforme pénitentiaire et la lutte contre la drogue, faisant participer plus de 2700 juges et officiers de police exerçant des activités dans 19 des 32 provinces afghanes. En Irak également, depuis 2002, l’Institut a mené plusieurs programmes d’assistance technique dans le domaine des Droits de l’Homme, de l’Etat de Droit, et de la justice et a développé un Plan Stratégique pour la réforme du système judiciaire qui a été approuvé par le Premier Ministre irakien en 2006.

La présence et les initiatives de l’Institut à Syracuse et en Sicile ont certainement une signification symbolique. De même que la magnifique ville de Syracuse possède une culture ancienne qui rayonne à partir du centre de la Méditerranée,

 

image_print

LE MEZZOGIORNO AU CENTRE DE L’ATTENTION di Carlo Malinconico – Numero 2 – Ottobre 2015

cat-economia
cat-cultura
Carlo-Malinconico
Une-grande

La « question méridionale » a été ravivée ces derniers mois. Tout d’abord par les données de l’étude SVIMEZ pour le septennat 2007-2014, selon laquelle le Sud de l’Italie a eu ces dernières années une croissance économique plus faible que celle de la Grèce, puis l’article de Roberto Saviano sur l’état d’abandon du Sud, puis l’article du magazine l’Espresso dénonçant le fait que « le Sud a disparu » « Effondrement démographique, fuite des cerveaux, économie immobile, entrepreneuriat absent ». Le mérite de ces publications a été de remettre l’état critique du Sud parmi les objectifs de l’action gouvernementale, le gouvernement ayant indiqué qu’il s’en saisira en octobre. Le ministre du Développement économique a en effet annoncé la convocation des Etats Généraux du Sud.

LE MEZZOGIORNO AU CENTRE DE L’ATTENTION

 

simbolo2

Le Sud constitue une opportunité qui peut bénéficier au pays tant sur le plan économique que sur les autres plans, grâce aux énergies et aux ressources qu’il recèle et au potentiel de réhabilitation et de développement que des actions bien ciblées peuvent libérer.

Bien sûr, comme le note le rapport SVIMEZ, l’entreprise n’est pas facile, mais les résultats peuvent être significatifs. Dans le cadre général – certainement peu brillant – des résultats de notre pays, les chiffres concernant le Sud montrent une baisse plus importante que la moyenne nationale: qu’il s’agisse de l’investissement ou de l’emploi, de la capitalisation ou de la taille des entreprises ou de leur capacité productive. Il n’est pas négligeable que les exportations qui expliquent une grande partie de l’amélioration – bien que modeste – de la situation économique du Centre-Nord, ne se développent pas, pour des raisons structurelles, dans le Sud. La crainte est que ces facteurs ne se traduisent par une spirale qui conduise à la désertification du Sud, avec des scénarios allant de la dépression économique à l’émigration des jeunes en quête de formation ou d’emploi. Cela causerait un dommage énorme l’ensemble de la communauté nationale. Le Sud est traditionnellement complémentaire à l’économie du Nord et l’absence de demande intérieure qui affecte l’économie du Nord, bénéficierait certainement d’une augmentation de cette dernière, qui a diminué précisément dans le Sud et qui, en cas de reprise, donnerait une impulsion majeure à l’ensemble de l’économie nationale. Voilà pourquoi le Sud ne devrait pas être considérée comme un problème mais comme une opportunité et il convient de concentrer les efforts pour redonner un élan au Sud et, avec lui, au pays. La mission de la politique industrielle doit être d’indiquer aux institutions et aux entreprises des priorités et des objectifs à atteindre, de sorte que les efforts soient coordonnés et efficaces. Les ressources publiques et privées sont limitées, il donc indispensable de les concentrer sur quelques objectifs jugés essentiels. Bien sûr, il faut s’inspirer des analyses de la Banque d’Italie, de SVIMEZ et d’autres instituts, pour en dégager des axes d’actions. Sans oublier que les institutions peuvent faire beaucoup si elles peuvent identifier des priorités, des moyens d’accélérer et de concentrer les compétences nécessaires pour atteindre ces objectifs. Bref, beaucoup peut être fait pour soutenir l’action des opérateurs privés même sans l’utilisation de ressources publiques et sans recours à des outils exceptionnels. 
L’idée de convoquer des Etats Généraux du Mezzogiorno, annoncé par le Ministre du Développement Economique est digne d’encouragement. Les Etats Généraux n’appartiennent pas à la tradition de notre pays. Mais l’esprit et le but en sont partagés. Les institutions nationales et locales, les universités, les opérateurs économiques et financiers, les syndicats doivent pouvoir exprimer leurs points de vue dans le cadre d’une consultation publique et transparente ou d’une conférence institutionnelle élargie aux citoyens, d’un débat public avec un calendrier prédéfini. Puis chacun prendra ses décisions dans sa sphère de compétences. Il ne s’agit pas d’une forme de concertation paralysante avec droits de vote, mais d’une discussion commune qui permette également de créer des synergies entre les institutions, notamment locales ou à compétences territoriales définies, afin d’assurer la coordination des politiques et des actions sur le territoire.
Des propositions qui pourraient être soumises à cette consultation peuvent déjà être avancées.
Il convient de privilégier parmi les initiatives économiques celles qui investissent dans les filières productives (global value chain) en particulier le secteur agro-alimentaire et les services, ces derniers constituant au Sud le secteur qui montré une croissance majeure, et dans les infrastructures, en particulier les services publics de mobilité et les réseaux.

La nécessité, ressentie par tous, de mettre à nouveau le Mezzogiorno au centre de l’attention nationale doit être considérée non pas comme un problème insoluble, mais comme une grande chance, non seulement pour le Sud, mais pour tout le pays.

Le Sud n’a pas besoin de grands travaux, ils ne sont en tout cas pas une priorité, mais d’un entretien adapté du territoire, des infrastructures existantes et de l’environnement, avec des interventions qui auraient l’avantage d’un retour immédiat en termes économiques, et de résultats rapides sur l’activité économique et touristique.

cat-sud

ITA | ENG | FR

ce qui frappe le voyageur c’est le mythe, la légende qui figure derrière chaque lieu, symbole, rocher, buisson ou falaise. Ici, plus que dans toute autre partie de notre pays, la nature et les choses sont vivantes et racontent des histoires et des traditions.

La base de tout est la légalité. Elle doit constituer l’engagement de l’Etat à assurer la sécurité des citoyens et des opérateurs. Il faut favoriser particulièrement dans le Sud la création de centres d’excellence

La valorisation du patrimoine artistique, historique, et archéologique – qui constitue la vraie richesse naturelle du Sud – requiert un ensemble de compétences qui heureusement existent déjà, mais aussi une communication plus efficace et la définition de parcours de qualité qui expriment ces valeurs. Il faudrait utiliser au mieux les moyens modernes d’accès à l’information et la “mise en réseau” des connaissances et expériences, afin de créer les synergies nécessaires au développement et en faciliter l’accès: un Portail Pour le Sud, autour duquel solliciter la création, par des universitaires et des étudiants, d’applications pour faciliter l’accès aux utilisateurs. Les administrations, les universités et les opérateurs peuvent coopérer dans ce but.
Last but not least, la formation. Les universités doivent trouver de meilleures formes d’intégration et de coordination des cours, pour éviter les chevauchements préjudiciables. Il conviendrait ensuite de se concentrer sur les centres d’excellence, de les identifier et de les favoriser. Des cours de formation post universitaires peuvent être institués pour soutenir la création de spin-off dans les secteurs économiques les plus prometteurs, identifiés dans les axes de développement, des parcours qui impliquent les universitaires, les diplômés et les opérateurs économiques.

pour inciter les jeunes à entreprendre des carrières dans la magistrature et les forces armées et de police.
Il ne s’agit bien sûr que de quelques idées. Il peut s’en trouver d’autres et des meilleures, avec une conviction : que le Sud, malgré les critiques qui ont récemment ressurgi, est une grande opportunité de croissance, un laboratoire dans lequel peuvent être expérimentées des voies utiles à l’ensemble du pays. L’énergie et la volonté sont là et il peut être fait appel à ceux qui dans le Sud croient et sont prêts à adhérer, de manière désintéressée, à une «mobilisation» des intelligences qui puissent contribuer à concevoir un nouveau démarrage. Ce serait un autre don du Sud.

A cette fin il serait utile de s’inspirer de ce qui a été réalisé dans d’autres pays européens sur les Zones Economiques Spéciales (ZES) qui, comme l’explique l’étude SVIMEZ, sont «les zones caractérisées par la présence d’un port … et dans lesquelles sont appliqués des systèmes de traitement douanier spécifiques, des exonérations fiscales, des facilités administratives et de services aux entreprises, dans le but principal d’attirer des investisseurs étrangers ». Les avantages fiscaux prévus par l’UE devraient être utilisés dans ces ZES. Dans le Sud, les ZES pourraient être établies dans les zones portuaires transhipment de Gioia Tauro, Tarente et Catane. Sans oublier que les grands réseaux qui transportent le gaz, et sont essentiels pour la production d’énergie, ont différents points d’accès dans notre Mezzogiorno et de là, rayonnent dans le reste du continent: quatre gazoducs partent de la rive sud de la Méditerranée vers l’Europe, deux d’entre eux vers le sud de l’Italie: le Transmed qui de l’Algérie traverse la Tunisie pour arriver à Mazara del Vallo, le Greenstream, qui de la Libye arrive à Gela; et d’autres sont prévus: le gazoduc Galsi entre l’Algérie et la Sardaigne puis vers Piombino; le TAP – le gazoduc trans-andriatique, qui traversera la Grèce et l’Albanie pour rejoindre le réseau italien à Salento; l’Interconnexion Grèce-Italie (Port d’Otrante).
Pour financer ces interventions il convient d’utiliser au mieux les Fonds Structurels pour la période 2014-2020. Là aussi, une coopération mutuelle est nécessaire. Il existe en effet des administrations et des régions capables plus que d’autres de partager leurs connaissances sur les modalités d’accession à ces fonds. Le transfert de ces best practice constituerait une valeur ajoutée à exploiter, par le détachement d’experts des meilleures administrations dans celles moins efficaces, ou l’envoi d’employés de ces dernières dans les premières pour apprendre les méthodes les plus adaptées. La Conférence Etat-Régions pourrait donner une impulsion au processus.
Une autre ressource clé de notre Mezzogiorno sont la culture et les paysages. Ce n’est pas seulement la beauté des panoramas ou des monuments historiques ou archéologiques qui surprend le visiteur mais le caractère évocateur de cette beauté. Qu’il s’agisse des bronzes de Riace, ou de la Vallée des Temples d’Agrigente, du théâtre grec de Syracuse, de Paestum, de Pompéi ou d’Herculanum, de la campagne du Salento, du Cretto Burri ou des Sassi de Matera,

 

image_print

IL MEZZOGIORNO NEL FUOCO DELL’ATTENZIONE di Carlo Malinconico – Numero 2 – Ottobre 2015

cat-economia
cat-cultura
Carlo-Malinconico
una-grande-occasione

Si è riaccesa negli ultimi mesi la “questione meridionale”. Prima i dati della ricerca Svimez per il settennio 2007-2014, secondo cui il Mezzogiorno d’Italia ha avuto negli ultimi anni una crescita economica inferiore a quella della Grecia, poi l’articolo di Saviano sullo stato di abbandono del Sud, poi l’articolo de L’Espresso che denuncia “È sparito il Sud” “Crollo demografico. Fuga di cervelli. Economia immobile. Imprenditoria assente”. Il merito di queste denunce è stato quello di riportare le criticità del Sud negli obiettivi dell’azione di Governo, che – a quanto comunicato – se ne occuperà a ottobre prossimo. Il Ministro dello sviluppo economico ha preannunciato la convocazione degli Stati Generali del Sud.

 

IL MEZZOGIORNO NEL FUOCO DELL’ATTENZIONE

 

simbolo2

Per le energie e le risorse che può esprimere e per il margine di recupero e di sviluppo che azioni ben mirate possono realizzare, il Sud costituisce un’occasione in grado di avvantaggiare i conti, economici e non, del Paese.

Certo, come ricorda il rapporto SVIMEZ l’impresa non è facile, ma i risultati possono essere importanti. Nel generale quadro – non certo brillante – dei risultati del nostro Paese, le cifre che riguardano il Mezzogiorno indicano un arretramento maggiore rispetto alla media nazionale: dagli investimenti all’occupazione, dalla capitalizzazione e dimensione delle imprese alla capacità produttiva. Non insignificante è la considerazione che il traino delle esportazioni, che costituisce gran parte del, sia pur modesto, miglioramento della congiuntura economica del Centro-Nord, non funziona, per ragioni strutturali, al Sud. Il timore è che questi fattori diano luogo ad un avvitamento, che porti alla cosiddetta desertificazione del Sud, con scenari che vanno dalla depressione economica alla fuga dei giovani in cerca di formazione prima ancora che di occupazione. Sarebbe un danno enorme per l’intera comunità nazionale. Il Sud è tradizionalmente complementare all’economia del Nord e la carenza di domanda interna, che affligge l’economia del Nord, certo si avvantaggerebbe di una crescita della domanda interna, che proprio al Sud è maggiormente calata e che, in caso di ripresa, darebbe una spinta importante a tutta l’economia nazionale. Ecco perché il Sud non va visto come un problema ma come un’opportunità ed occorre una concentrazione di sforzi per ridare slancio al Sud e, con esso, al Paese.

L’esigenza, da tutti avvertita, di mettere nuovamente il Mezzogiorno nel fuoco dell’attenzione nazionale deve essere vista non come un problema irresolubile, ma come una grande occasione, non solo per il Sud ma per tutto il Paese.

Non di grandi opere ha necessità il Sud, almeno non come priorità, ma di una robusta manutenzione del territorio, delle infrastrutture esistenti e dell’ambiente, con interventi che avrebbero il pregio di un ritorno immediato in termini economici di effetto della spesa e della fruibilità immediata a vantaggio delle attività economiche e turistiche.

cat-sud

ITA | ENG | FR

Certo occorre una politica industriale che dia punti di riferimento precisi e affidabili. Le energie non possono disperdersi in mille rivoli. Occorre procedere con realismo ma anche con determinazione.

Compito della politica industriale deve essere quello di indicare a Istituzioni e imprese le priorità e gli obiettivi da realizzare, in modo che gli sforzi siano coordinati ed efficaci. Le risorse, pubbliche e private, sono limitate e a maggior ragione occorre concentrarle su alcuni obiettivi ritenuti essenziali. Certo si deve partire dalle analisi già elaborate da Banca d’Italia, da SVIMEZ e da altri Istituti, per trarne gli spunti dell’azione di governo. Senza dimenticare che le Istituzioni possono fare molto già se riescono a individuare priorità, descrivere procedimenti accelerati, concentrare le competenze per realizzare detti obiettivi. Insomma, molto si può fare, anche senza impiego di pubbliche risorse e senza ricorso a strumenti straordinari, per sostenere l’azione degli operatori privati.
L’idea della convocazione degli Stati generali del Mezzogiorno, preannunciata dal Ministro dello sviluppo economico appare meritevole d’incoraggiamento. Gli Stati generali non appartengono, invero, alla tradizione del nostro Paese. Ma lo spirito e l’obiettivo sono condivisibili. Istituzioni nazionali e locali, Università, operatori economici e finanziari, sindacati debbono poter esprimere i rispettivi punti di vista in una sorta di consultazione pubblica e trasparente o, se si vuole, una conferenza di servizi allargata al pubblico, un débat public con tempi prefissati. Poi ognuno prenderà le sue determinazioni nell’ambito della propria sfera di competenza. Non una forma di necessaria concertazione paralizzante e con diritti di veto, ma una discussione comune che valga anche a mettere in sinergia le istituzioni, specie locali o con competenza territorialmente delimitata, al fine di assicurare il coordinamento delle direttive e delle azioni sul territorio. 
Possono fin d’ora avanzarsi proposte da sottoporre al vaglio di questa consultazione. 
Tra le iniziative economiche, occorre privilegiare quelle che investono sulle filiere produttive (global value chain), specie della catena alimentare e dei servizi, questi ultimi essendo – oltre tutto – il settore che ha manifestato al Sud la maggiore positività, e sulle infrastrutture, specie quelle dei servizi pubblici di mobilità e sulle reti.

Si potrebbe puntare, a questo fine e prendendo spunto da quanto avvenuto in altri Paesi europei, sulle Zone Economiche Speciali (ZES), che come spiega il rapporto SVIMEZ, sono “aree caratterizzate dalla presenza di un porto … e nelle quali vigono specifici regimi di trattamento doganale, di esenzioni fiscali, di facilitazioni amministrative e di servizi alle imprese, con il principale obiettivo di attrarre investitori stranieri”. E andrebbe percorsa in queste ZES la via della fiscalità di compensazione nell’ambito dell’UE. Nel Mezzogiorno, ZES potrebbero essere costituite nelle aree dei porti transhipment di Gioia Tauro, Taranto e Catania. Senza dimenticare che le grandi reti che trasportano gas e sono essenziali per la produzione dell’energia hanno diversi punti di accesso al nostro Mezzogiorno e da qui si irradiano al resto del continente: dalla riva Sud del Mediterraneo partono quattro gasdotti verso l’Europa, due dei quali verso il Mezzogiorno d’Italia: il Transmed che dall’Algeria attraverso la Tunisia arriva a Mazara del Vallo, il Greenstream, che dalla Libia arriva a Gela; ed altri sono in progettazione: il Galsi dall’Algeria alla Sardegna e poi a Piombino; il TAP – Gasdotto Trans Adriatico, che attraverserà la Grecia, l’Albania per connettersi alla rete Italiana in Salento; l’Interconnettore Grecia-Italia (Porto di Otranto). 
Per finanziare questi interventi occorre utilizzare al meglio i Fondi strutturali 2014-2020. Anche qui è necessaria la mutua collaborazione. Esistono infatti amministrazioni e regioni capaci più di altre di trasferire conoscenze sulle modalità di accesso a tali Fondi. Il trasferimento di queste best practice costituirebbe un valore aggiunto, cui si potrebbe accedere o con il distacco di esperti delle migliori amministrazioni presso quelle più deficitarie o attraverso l’invio di dipendenti di queste ultime presso le prime per apprendere i comportamenti virtuosi. La Conferenza Stato regioni potrebbe dare un impulso al processo. 
Altra risorsa fondamentale del nostro Mezzogiorno sono la cultura e il paesaggio. A sorprendere il visitatore non è solo la bellezza panoramica o il singolo monumento storico-archeologico, ma il carattere evocativo di tali bellezze. Che si tratti dei bronzi di Riace o della Valle dei templi di Agrigento, del Teatro greco di Siracusa, di Paestum, di Pompei o di Ercolano, della campagna salentina, del Cretto di Burri o dei Sassi di Matera,

ciò che colpisce il viaggiatore è il mito, la leggenda che sta dietro ogni luogo, simbolo, roccia, pietra, arbusto o faraglione. Qui più che in ogni altra parte del nostro Paese la natura e le cose sono vive e raccontano storie e tradizioni.

La valorizzazione del patrimonio artistico, storico, archeologico – che è il vero petrolio del Mezzogiorno – richiede una serie di competenze che fortunatamente già ci sono, ma anche una più efficace comunicazione e la definizione di percorsi di qualità che esprimano questi valori. Occorre sfruttare al meglio i moderni strumenti di accesso alle informazioni e la “messa in rete” delle conoscenze e delle esperienze, perché si crei la necessaria sinergia di sviluppo e la più agevole facilità di accesso: un portale per il Sud, attorno al quale sollecitare la creazione, da parte di universitari e studenti anche più giovani, di applicazioni per agevolare l’utente. Soprintendenze, Università e operatori possono cooperare a tale fine.
Da ultima, ma non ultima, la formazione. Le Università debbono trovare forme migliori d’integrazione e di coordinamento dei corsi, per evitare dannose duplicazioni. Occorre poi puntare sui centri d’eccellenza, individuarli e favorirli. Si possono istituire percorsi formativi successivi allo studio universitario per il sostegno alla creazione di spin off nei settori economici più promettenti, individuati nelle linee di sviluppo, percorsi nei quali coinvolgere docenti, laureati e operatori economici.

Base di tutto è la legalità. Questo deve essere l’impegno dello Stato per dare sicurezza a cittadini e operatori. Occorre favorire proprio al Sud la creazione di centri di eccellenza

per la formazione di giovani da avviare alle carriere delle magistrature e delle forze armate e di polizia. 
Naturalmente si tratta solo di spunti. Altri e migliori se ne possono trovare, con una convinzione: che il Sud, pur con le criticità da ultimo riemerse, è una grande occasione di crescita, un laboratorio in cui si possono sperimentare percorsi utili per tutto il Paese. Le energie e la volontà ci sono e si può fare appello a quanti disinteressatamente nel Mezzogiorno credono e sono pronti ad aderire ad una “leva” di intelligenze che possano contribuire al disegno di rilancio. Sarebbe un ulteriore dono del Sud.

 

image_print

L’ALLIEVO FUGGITIVO di Giovanna Mulas – Numero 2 – Ottobre 2015

art_mulas-copertina (2)
cat-storia
cat-cultura
Giovanna-Mulas
Socrate-insegna

giudicati privi di saggezza. Ma la nostra non è società saggia. L’uomo pensante, di norma, viene deriso, ché nel suo costante tentativo di spiegare una realtà che la Massa non riesce a immaginare e quindi metabolizzare, dona l’impressione di voler respingere quella stessa realtà, cosa che in effetti accade, ma che per quanto falsa, rappresenta per la Massa una realtà di tranquilla abitudine, di sicurezza piena. “…Nel mondo conoscibile, punto estremo e difficile a vedere è l’idea del bene; ma quando la si è veduta, la ragione ci porta a ritenerla per chiunque la causa di tutto ciò che è retto e bello, e nel mondo visibile essa genera la luce e il sovrano della luce, nell’intelligibile largisce essa stessa, da sovrana, verità e intelletto…” (Platone, La Repubblica, libro VII, 517 b – c).

L’ALLIEVO FUGGITIVO

 

simbolo1
art_mulas-1 (1)
art_mulas-2 (1)

In Italia, e soprattutto nel Sud, una parte troppo ampia degli adolescenti è priva delle competenze necessarie per crescere e farsi strada nella vita:

più di 1 minore su 10 vive in condizioni di povertà estrema e aggrava e consolida, come in un circolo vizioso, le condizioni di svantaggio e di impoverimento già presenti nel nucleo familiare. Povertà economica ed educativa si alimentano reciprocamente, trasmettendosi di generazione in generazione. 
In questa nostra Società, in preda ad oscurantismo profondo, formattata e annichilita, sono due le scelte che l’Uomo può compiere attraverso Arte e Cultura: o si esprimono le strutture conservatrici stordendosi e stordendo di Non Necessità individualiste legate comunque ad economia e potere; oppure ci si fa espressione di quella libertà non omogeneizzabile alla tirannia consumistica sostenendo le parti progressive, decretando una rivoluzione nelle coscienze, uno stesso rapporto rivoluzionario fra poesia e vita che smorzino indifferenza etica e insensibilità sociale, disumanizzazione dei rapporti.

Nulla è meglio, per il Sistema, dell’ignorante: chi si renderà conto della profonda ignoranza del Sistema, della sua pericolosità?
Penso all’affascinante mito della caverna di Platone.

è soltanto tra gli sciocchi che i saggi vengono 

Risulta fondamentale levigare, limare la pietra grezza, lavorare sulla coscienza del cittadino comune frastornato da consumo, informazione deviata.

Secondo il nuovo rapporto di Save the Children “Illuminiamo il Futuro 2030 – Obiettivi per liberare i bambini dalla Povertà Educativa”, nel Sud il 48,4% dei minori non ha letto neanche un libro nell’anno precedente, il 69,4% non ha visitato un sito archeologico e il 55,2% un museo, il 45,5% non ha svolto alcuna attività sportiva. La metà delle scuole è priva di un certificato di agibilità e/o abitabilità, il 54% degli edifici non è in regola con la normativa anti-incendio, il 32% non rispetta le norme anti sismiche. A Sud e nelle isole, la percentuale di adolescenti che non consegue le competenze minime in matematica e lettura raggiunge rispettivamente il 44,2% e il 42%, con un picco estremo in Calabria (46% e 37%).
La lettura è indispensabile per crescere, comprendere, per cambiare visione dell’esistenza. Ma siamo sicuri che un lettore sappia distinguere la buona lettura dal puro commercio editoriale? 

Censura dei testi scolastici: addirittura cancellazione, dai piani di studio, di nomi tra i più validi e riconosciuti della Letteratura mondiale, rappresentanti del pensiero puro. Privatizzazione dell’istruzione, uno dei diritti fondamentali dell’Uomo, ogni Uomo.

Chi è privo della filosofia (coloro che sono all’oscuro della verità) sono paragonabili ai prigionieri di una caverna dove sono nati e cresciuti, costretti a guardare in un’unica direzione ché incatenati a terra. Hanno un fuoco alle spalle, tra il fuoco e i prigionieri corre una strada rialzata. Un muro costeggia questa strada, alcuni uomini vi protendono piante, oggetti e animali, i prigionieri vedono soltanto la propria ombra e quella degli oggetti proiettata sul muro dalla luce del fuoco. Dunque i prigionieri considerano queste ombre reali: non hanno cognizione di ciò a cui sono dovute. Se qualcuno degli uomini che trasportano le forme parlasse, si formerebbe nella caverna un’eco che spingerebbe i prigionieri a pensare che la voce provenga dalle ombre che vedono passare sul muro.
Chi riesce a fuggire dalla caverna vede il sole ma prova forte dolore agli occhi: per la prima volta vede le cose come davvero sono, si rende conto che fino a quel momento è stato ingannato da ombre.

Il filosofo, il fuggitivo, sentirà come un dovere, verso i dormienti, indicare la strada per uscire. Troverà molta difficoltà nel persuaderli (è una realtà che loro non immaginano nemmeno), potrebbe addirittura spingere gli altri prigionieri ad ucciderlo, se tentasse di liberarli e portarli verso la luce,

in quanto, per loro, non vale la pena subire il dolore dell’accecamento e la fatica, per andare a guardare le cose da lui descritte. Perciò i dormienti, i prigionieri, rifiutano per loro stessa volontà l’invito ad uscire, a conoscere. 
Il prigioniero liberato sarebbe capace di vedere il sole stesso, invece che il suo riflesso nell’acqua, e capirebbe che “…è esso a produrre le stagioni e gli anni e a governare tutte le cose del mondo visibile e ad essere causa, in certo modo, di tutto quello che egli e suoi compagni vedevano.”. 
Non è accettabile che il futuro dei ragazzi sia determinato dalla loro provenienza sociale, geografica o di genere; in questo preciso momento storico è importante lo sforzo delle librerie indipendenti, la resistenza di associazioni culturali e di coloro che possono favorire il dialogo e l’incontro, il pluralismo. 
E’ ovvio che la privatizzazione del sistema di istruzione mira ovviamente ad una nuova, generale ondata di ignoranza, plagio della Massa già disarticolata, sbandata: il dovere dell’intellettuale, oggi, è dunque di lavorare di costante consapevolezza con la gente e tra la gente. Ovunque. 
Conditio Sine Qua Non è l’operare di teorico-pratica tra il politico, sociale e il culturale tramite gruppi locali multidisciplinari, in costante esercizio di immaginazione, con la capacità di trovare risposte in base alle risorse economiche disponibili. Scorgere, rivelare risorse in tempi, come gli attuali e i prospettati futuri, di intimo limite economico. Le enormi diseguaglianze che oggi colpiscono i bambini e i ragazzi in Italia vanno superate attivando subito un piano di contrasto alla povertà minorile, potenziando l’offerta di servizi educativi di qualità. E’ inoltre fondamentale stringere costantemente alleanze con ulteriori, diverse realtà in grado di arricchire, in termini di cultura e umanità, le altre Comunità: solo ciò che si conosce, non si teme. 
Amo immaginare un legame forte, più forte tra tutti Noi. 
Che arriva al sangue, dove la terra si ferma.

 

image_print

UNA MADRE COSTITUENTE PER IL SUD di Carmen Lasorella – Numero 2 – Ottobre 2015

cat-storia
cat-cultura
Carmen-Lasorella
per-cambiare-verso

Nel 1946, una donna trentina veniva eletta con i voti del Sud all’Assemblea costituente. Si chiamava Maria De Unterrichter. Era di cultura tedesca ed aveva sposato un napoletano. 
Contraddizioni? Fu una ricchezza. 
Accaddero tante cose in quell’anno in Italia. Il referendum cancellò la monarchia. Le donne ebbero il diritto di voto. Si lavorò alla Costituzione della Repubblica. Si prese in mano la vita del Paese, che usciva dalla guerra. Non ci furono solo i Padri costituenti, dunque, ma anche le Madri costituenti: 21 donne su 556 deputati. Una pattuglia composta da 9 Dc, 9 comuniste, 2 socialiste e 1 rappresentante del Fronte dell’Uomo qualunque, una formazione di centro-destra.

UNA MADRE COSTITUENTE PER IL SUD

 

simbolo1

Con le colleghe che vissero quell’irripetibile avventura, condivise la prima battaglia istituzionale di genere, che superò le radici e le ideologie: ottenere il rispetto degli uomini; influire attraverso le scelte politiche sui destini della neonata repubblica in un dopoguerra di sconfitta; occuparsi della condizione femminile, cominciando da quella più emarginata del Sud.

Del Mezzogiorno erano in cinque: due siciliane, due abruzzesi e una pugliese, cui si aggiunse, sesta, la De Unterrichter, che era stata eletta nella circoscrizione lucana (Potenza, Matera), già che suo marito, Raffaele Jervolino, correva per Napoli. Lei veniva da esperienze mittle europee, dalla Fuci, dai movimenti femminili che stavano nascendo, dall’insegnamento e da una realtà profondamente cattolica.

Il Piano Marshall fu pensato per il Nord capitalista, mentre agli imprenditori del Sud non fu offerto lo stesso sostegno, nè condizioni di parità.

L’ambiente intorno non era dei più favorevoli. Per ragioni diverse, ma riconducibili allo stesso pregiudizio maschilista, le donne erano appena tollerate, considerate troppo emotive per occuparsi di politica o di economia, inadatte agli incarichi pubblici, vissute come una minaccia per la stabilità della famiglia. Lo pensavano i democristiani e perfino di più le sinistre, nonostante proprio le donne, durante la guerra, entrando nelle fabbriche e negli uffici, oltre agli impieghi sanitari e scolastici, avessero egregiamente sostituito gli uomini al fronte. Era un sentire diffuso, che il Sud esprimeva in modo radicale. Quel Sud che paradossalmente aveva segnato la più alta percentuale di affluenza alle urne delle prime elettrici (86,2 contro 84,8 elettori, mentre in Sardegna aveva superato l’87 per cento), laddove però le donne meridionali, in gran parte analfabete, avevano votato a maggioranza per la monarchia, condizionate dal retaggio delle tradizioni e dal fascino della corona. 
In un tempo in cui vigeva ancora la patria potestà e la potestà del marito, fuori dalla magistratura e dalla diplomazia, con salari deliberatamente più bassi e in un contesto culturale arcaico, che si imperniava proprio sull’arretratezza femminile,

le prime donne investite di un potere istituzionale pensarono al Sud. E cominciarono naturalmente dalla formazione, seguendo anche il metodo Montessori.

L’equilibrio, appunto. 
Sia per le donne, sia per il Sud non è stato mai cercato. Ai tempi della De Unterrichter sappiamo come è andata. Per le aree depresse del Mezzogiorno, si preferì una riforma agraria, piuttosto che l’industrializzazione. Alla domanda di giustizia sociale, si rispose con la creazione di una debole classe media, che avrebbe arginato le rivendicazioni comuniste e rassicurato “i padroni”, come pure gli interessi d’oltre oceano. Si consolò la miseria con le opere pubbliche e si alimentò il sottogoverno con la speculazione edilizia.

Perfino il Papa, negli stessi giorni, se ne è occupato. Ha espresso concetti forti: le donne devono trovare il posto che spetta loro nella società, la corruzione le sfrutta, i pregiudizi le isolano, peggio, sono ingiustamente demonizzate. Una società che vuole crescere deve trovare l’equilibrio.

In sostanza, deliberatamente, mancò una visione unitaria del Paese. Secondo i codici keynesiani, all’epoca di moda, solo lo Stato avrebbe potuto rilanciare l’economia del Sud. Il Mezzogiorno avrebbe vissuto di intervento pubblico e di ammortizzatori sociali. Sarebbe stata una storia di contributi a pioggia, con la Cassa del Mezzogiorno e di sudditanza ai partiti. Inevitabili le collusioni, l’infezione delle mafie, la sottocultura, la rinuncia al progresso – come teorizzava Pierpaolo Pasolini – per il quale il progresso era una nozione ideale, sociale e politica, molto più importante dello sviluppo, in sé solo pragmatico ed economico. 
Se ci saranno gli stati generali per il Mezzogiorno, come annuncia il governo Renzi, dopo 70 anni – diciamo – di equivoci, bisognerebbe trovare un centro alle mille e una cose da fare.

cat-sud

Contaminazione di altre esperienze, conoscenza, diritti, valori per incidere la carne morta di quella società, cercando anche di attenuare lo “scambio ineguale” – come lo definiva la semantica marxista – del Mezzogiorno rispetto al Nord Italia. Fu un lavoro eroico, presto condiviso dalle intelligenze locali più evolute, che si impegnarono nell’istruzione e nella sanità, puntando sull’associazionismo, per migliorare le condizioni primarie delle donne, oltre gli steccati della diffidenza o peggio in aperta ostilità. 
Quantum mutatis ab illo! Dovremmo poter dire oggi con le parole di Virgilio. Quanti cambiamenti da allora…Ma se scorriamo gli ultimi dati della Svimez (nel dopoguerra, la Svimez recitò un ruolo centrale nella politica per il Mezzogiorno, insieme alla Confindustria e ai governi filoamericani del tempo) l’ottimismo si arena. Nihil sub sole novum?! Niente di nuovo sotto il sole?! Fino ai 34 anni, al Sud lavora solo una donna su cinque. L’allarme povertà riguarda una persona su tre ed è donna. Due milioni di donne meridionali sono classificate NEET, ovvero non studiano, hanno rinunciato al lavoro e non si aggiornano. Nel complesso, la crescita del Mezzogiorno è stata del 13 per cento in quindici anni (2000 -2015), 40 punti in meno rispetto alla media europea, che segna il 53,6. La Svimez prevede che il divario Nord/Sud continuerà a crescere, che ci sarà uno tsunami demografico a seguito dell’aumento dell’emigrazione e del crollo delle nascite; che al Sud si produrrà di meno, si guadagnerà di meno, pagheranno di più i giovani e le donne.

Domanda: quale altro centro sarebbe migliore della ricerca dell’equilibrio? A cominciare proprio dal ruolo delle donne del Sud, che non sono mai state un problema, ma restano una risorsa? La loro esclusione è un deficit di democrazia.

Su ottomila comuni italiani, ce ne sono solo 200 nel Mezzogiorno, che portano la gonna. Sono i sindaci di piccole realtà, in gran parte di poche migliaia di abitanti. Quasi una famiglia, dunque, e nessuno si stupisce se in una famiglia a governare è una donna. E’ poco. La De Unterrichter scriveva: “Coraggio, bisogna prendere in mano il proprio destino”. La storia però ha dimostrato che non basta, quando manca l’equilibrio.

 

image_print