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IL SOLIMENA DA NAPOLI A PARIGI di Sergio Attanasio – Numero 13 – Gennaio 2019

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IL SOLIMENA DA NAPOLI  A PARIGI

 

Sergio-Attanasio

In origine il palazzo San Nicandro apparteneva a Marzio Carafa duca di Maddaloni, che nel 1585 lo aveva acquistato da Fabrizio Cardito.

Era un palazzo grande con loggia, cortile coperto e giardino nel Borgo dei Vergini di fronte alla chiesa di Santa Maria della Stella, pagato la somma di 3700 ducati e nel quale il duca avviò ingenti lavori di ristrutturazione ed ampliamento per rendere la sua dimora degna di cotanto padrone.

I duchi di Maddaloni e il loro figlio primogenito Diomede dal 1606 vivranno 

nel grandioso palazzo alla Stella nel lusso e nello sfarzo, imponendo 

angherie ai loro sudditi, come testimoniano le cronache 

della “Sollevazione dell’anno 1647”,


e quando “Masaniello con gran seguito di popolaccio andò al palazzo, che non fu più difeso come la prima volta: tutto ciò che vi era di prezioso, fu portato fuori……..stoffe di seta ricamate di oro e di argento, arazzi fiamminghi, quadri rari, vasi di argento e di oro, carrozze e cavalli e gran quantità di danaro furono portati innanzi a Masaniello che mandò tutto al Mercato……….insieme ad una famosa carrozza, coperta di lamine d’argento ed ornamenti d’oro, valutata quindicimila scudi, fatta fare dal duca in occasione delle sue nozze”

 

Le originarie caratteristiche e le decorazioni del palazzo sono descritte in un apprezzo (relazione di un perito per una stima del valore) del 1656 per la vendita del palazzo al marchese del Vasto, seguita allo scambio con il marchese che cede il palazzo in via Toledo, ottenendo dal duca di Maddaloni, oltre al palazzo alla Stella, una villa a Posillipo detta l’Auletta.

Siamo in presenza di una casa grande palaziata, con portale in piperno 

che dà accesso all’ampio cortile con rimesse per le carrozze, che ha sul fronte 

una loggia scoperta che conduce al giardino di piante di agrumi e di frutta.


La dimora era dotata di due stalle per trenta cavalli con accesso dalla strada. 

 

La scala principale con pettorate e palagusti di piperno, con volte decorate a grottesche dal pittore Giovanni Balducci, ci porta all’appartamento nobile con più anticamere, una cappella e altre camere le cui volte presentano scene di battaglie in ricordo delle doti di valoroso guerriero del duca Marzio, nominato Capitano generale della cavalleria dal Viceré duca di Osuna. 

 

Nel secondo appartamento, con galleria e soffitti in legno dorato, vi sono camere, camerini e una loggia che collega due parti del palazzo e che prospetta sulle colline. 

 

 L’impianto distributivo ancora esistente del palazzo è sintetizzabile in due distinte parti che lasciano intendere quale fosse lo sviluppo nel tempo della dimora dei Carafa di Maddaloni: 

 

– edificio cinquecentesco: portone con primo androne con volta a botte 

 

– primo cortile piccolo con scala sulla destra; 

 

– edifico seicentesco: secondo androne – grande cortile coperto e grande scala sulla sinistra. 

 

Di particolare interesse risulta la soluzione del secondo cortile porticato e coperto con volte a vela innestate su otto grandi pilastri, non riscontrabile in altre dimore napoletane. Tale soluzione suggerisce l’ipotesi che i Maddaloni, allevatori di razze scelte di cavalli, avendo una nutrita scuderia necessitavano di ampi spazi coperti per la movimentazione degli stessi e per le carrozze utilizzate per recarsi nei loro feudi. Ma ciò che maggiormente dimostrava il lusso e lo sfarzo dell’edificio erano le decorazioni e l’arredo degli interni.

Nel palazzo, successivamente acquistato da Domenico Cattaneo dei principi 

di San Nicandro, aio di Ferdinando IV, che sposerà nel 1717 Giulia de Capua, principessa di Roccaromana e duchessa di Termoli, tra il 1724 e il 1730 

furono realizzati notevoli lavori di restauro relativi al rinnovo della decorazioni, 

lavori eseguiti sotto la regia e il disegno del maestro Francesco Solimena, 

come testimoniato dai documenti e dalle descrizioni del De Dominici.


Famosa fu la Galleria che il Solimena stesso dipinse per il Principe di San Nicandro, realizzata dopo lo studio di molti bozzetti, che rimase nel palazzo fino agli inizi del ‘900 e poi scomparve. 

Era stata eseguita dal pittore tra il 1730 e il 1731: “fece il bozzetto che riuscì compitissimo, ed indi dipinse il quadro ad olio in casa del medesimo Principe, che per essere di palmi 44 lungo, e 22 largo, non capiva in casa propria, e nella stanza ov’egli lavorava. In esso rappresentò i varj modi per i quali si ascende alla Gloria, e le Virtù, che cercano sottrarre da’ Vizj la Gioventù, la quale è guidata da Pallade, e da Mercurio ala suddetta gloria, accompagnata da varie scienze acquistate con lungo studio, e nel basso Pericle che sbrana il leone; nel mentre alcuni sacerdoti porgono incensi a un simulacro di un falso Dio; con altri bellissimi accompagnamenti, e figure allusive; ma perché per la troppa lunghezza della Galleria, e bassezza della soffitta, non si può tutta interamente godere questa bellissima pittura, che pur non empie tutta la volta di essa, per supplire alla restante lunghezza, e renderla anche adorna con sue pitture, vi fece due ovati con favole allusive al quadro di mezzo, collocandone uno sopra, l’altro al di sotto di esso, e con ciò ha arricchito quella nobile Galleria; della quale si dichiarò quel Principe contentissimo a tal segno, che oltre all’accordato onorario volle regalarlo di altri 500 ducati”.

Fortunatamente però, anche se lontana da Napoli, la tela del Solimena 

era finita nella dimora di Ferdinand Bischoffsheim, a Parigi, 

nella Place des Etats-Unis, al numero 11.


Agli ambienti di questa residenza francese, che erano decorati con grande sfarzo, la sala da pranzo rivestita da marmi policromi nello stile di Versailles, alle pareti una favolosa collezione di dipinti di antichi maestri, mancava però qualcosa per meravigliare i suoi ospiti. Pertanto, il Bischoffsheim non esitò a importare dal palazzo napoletano dei San Nicandro una delle tele più belle ed interessanti del maestro Francesco Solimena, dal titolo Les différents moyens pour un Prince d’accéder à la gloire, la grande composizione con soggetti allegorici sopra descritta, per adornare la sala da ballo della sua residenza. Al ricco banchiere, che aveva acquistato in giro per il mondo le più belle opere di arte antica e moderna, si aggiunse la favola, il pezzo unico, esagerato e raro.

 

Successivamente, i discendenti vendettero il palazzo ad un finanziere saudita e questi, recentemente, alla famosa fabbrica di cristalli Baccarat, che vi installò il suo museo, affidandone la ristrutturazione all’architetto Philippe Starck.

Questo edificio, oggi fortunatamente visitabile, con la Galleria decorata dalla tela del Solimena, offre un assaggio dello splendore e di quanto Napoli 

sia presente con la sua magnifica arte nel mondo.


Invece, il palazzo alla Stella, che apparterrà ai Principi di San Nicandro fino agli anni Venti del XX secolo, quando verrà frazionato e venduto a più proprietari, è oggi un condominio che purtroppo ha perso l’antico splendore. 

 

 

 

 

 

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