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AL SUD LA BELLEZZA VUOL ESSERE LEGGE di Sergio Spatola – Numero 16 – Febbraio 2020

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AL SUD LA BELLEZZA Vuol ESSERE LEGGE

 

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ho pensato quando in una delle riunioni di redazione è stata data notizia del progetto di una “Legge sulla bellezza” della Regione Puglia.

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Da quando Myrrha era in gestazione – ormai quasi cinque anni fa – si è sempre condiviso che, tralasciando gli obbrobri, il Mezzogiorno è un dono.


Adesso, come se Myrrha avesse espresso un desiderio dopo aver spento una candelina, una delle Regioni più attive del Sud tira fuori dal cilindro la sua legge sulla bellezza.  

 

Se essa è intesa come «la qualità capace di appagare l’animo attraverso i sensi, divenendo oggetto di meritata e degna contemplazione»1 e la Regione Puglia avesse avuto questa come idea ispiratrice, non potrei, da orgoglioso meridionale quale sono, esserne più felice. 

Mi si dirà che è ancora una proposta; deve superare l’iter legislativo; deve, soprattutto, essere eseguita, prima, e nella maniera corretta, poi; la bellezza è un concetto relativo. Non possono di certo ignorarsi le eventualità di insuccesso, ma deve evidenziarsi la novità che un’operazione culturale di questo genere comporta.  

 

In fondo, si tratta di un primo esperimento, evidente e concreto, che tenta di superare uno degli ostacoli del Sud: la troppo spesso diffusa bruttura. Peraltro, questo superamento è

uno dei pilastri tematici della mission culturale di Myrrha: il progresso economico 

del Mezzogiorno non va ricercato replicando gli strumenti del Nord produttivo, ma valorizzando le abilità proprie del Sud

 

quelle abilità che si attagliano alle genti che vi abitano e che solo essi conoscono. Quel know-how esclusivamente meridionale che distingue il Sud dal settentrione d’Italia.  

 

A questo fa pensare il tratto del Manifesto sulla legge. Vi si afferma come «la globalizzazione non ama la bellezza» perché «è di fatto una globale uniformizzazione», il cui «connotato è la semplificazione».

 

Occorre, infatti, rassegnarsi: il Mezzogiorno – come l’Italia tutta del resto – 

non è semplificabile come i Paesi non dotati di millenaria 

stratificazione storico-culturale.

 

Esso, infatti, ha un’identità poliedrica e talmente multipla da necessitare misure ad hoc per inquadrarla, coordinarla e, poi, valorizzarla. Di questa difficoltà il progetto di legge è consapevole quando si propone di costituire l’identità antropologica e memoriale del «Mosaico pugliese».

 

Ancora una coincidenza. Myrrha ha voluto, fin dall’inizio, rappresentare, anche graficamente, il mosaico dell’immenso giacimento culturale del Sud, con colori, riferimenti decorativi e “tratti”, ispirati alle culture mediteranee.  

 

Di recente, contro il tentativo di normare la bellezza, si sono elevati cori di tecnici, preoccupati della impraticabile esecuzione di una siffatta legge nel territorio pugliese. Essi hanno consigliato di raccogliere le disposizioni attualmente in vigore per creare un quadro chiaro della disciplina urbanistica della Regione. Ad essi è stato risposto che l’esperimento deve essere attuato con norme di dettaglio che possano renderlo effettivo. 

Tutti i commenti sono decisamente opportuni. L’importante è che non siano interessati, come spesso accade, da fini che esorbitino dallo scopo della legge: restituire bellezza al territorio pugliese.

L’ossatura della proposta è fatta di misure generali di diritto urbanistico 

che prevedono l’abbattimento o il recupero dei “detrattori di bellezza”,

 

cioè edifici abusivi, ecomostri e vuoti urbani per realizzare nuovi spazi urbani ed edifici performanti senza consumo di suolo. 

Il concetto è semplice e lo deve essere anche la sua realizzazione. È il momento di far fruttare quella sussidiarietà orizzontale che consente di avvicinare i cittadini e gli operatori di buona volontà a ciò che veramente importa:

 

ridare dignità alle zone più colpite dal degrado.

 

Quali gli strumenti che la legge di prefigge di utilizzare? La semplificazione normativa, la formazione culturale sul patrimonio architettonico e urbanistico sia di tecnici che di professionisti, l’individuazione delle identità territoriali e paesaggistiche e molti altri strumenti, che saranno finalizzati a pianificare le trasformazioni dei luoghi «interessati da condizioni di degrado fisico, sociale, culturale, ambientale e paesaggistico» (art. 9 del progetto).  

 

Quali obiettivi vogliono raggiungersi con questi strumenti? La norma, sempre all’art. 9, precisa come all’obiettivo generale di rigenerare le aree urbane e di valorizzare i centri storici (lett. a), si affiancano quelli particolari di

riqualificare le periferie e le aree agricole periurbane, da un lato, il paesaggio 

e l’ambiente delle infrastrutture, dall’altro, e le aree produttive degradate,

 

dall’altro ancora (lett. b), c) e d)); di manutenere e riusare i beni edilizi e rurali (lett. e)) e di tutelare e valorizzare le aree di attrazione naturale e della biodiversità (lett. f)).

 

Naturalmente, per invogliare cittadini e operatori a collaborare sono previsti incentivi fiscali (riduzione del contributo di costruzione) e rimborsi delle quantità edificatorie (c.d. crediti edilizi). 

Sono norme di carattere generale, lo si ripete, che portano con sé una speranza: quella che tutto possa andare per il verso giusto (e la Puglia ci ha stupiti parecchio negli ultimi anni) e che la legge possa trovare un’applicazione piena degli strumenti che prevede e conseguentemente vedere realizzati gli obiettivi che si è posta.

L’esempio deve essere di quelli che sollecitano l’emulazione 

da parte di tutti gli altri territori 

 

che non si accontentino di scimmiottare passivamente ciò che va più di moda oggi. Il PIL non deve e non può essere il solo indicatore dell’andamento del Mezzogiorno, che evidentemente necessita di tempi e di strumenti diversi per emergere dal grigiore di nullità cui troppo spesso lo si associa.

 

Il coraggio di risalire deve passare anche dal superamento di quel senso 

di incapacità che troppo spesso il Sud si auto-attribuisce

 

e che, col troppo affermarlo, si imprime nelle menti di chi, invece capace, si arrende per un luogo comune.  

 

Noi di Myrrha saremmo felici di contraddire coloro che pensano come, anche questa volta, si tratti della solita dichiarazione di intenti senza futuro pratico.

 

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