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LA PIAZZA DEI GAGA’ di Fernando Popoli Speciale Napoli aprile maggio 2022 Ed. Maurizio Conte

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la piazza dei gagà

 

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ciao Cocò, ciao Fefè, tanti cari saluti a mammà…”, 

così recitava una canzone alla moda nella Napoli degli anni Cinquanta, quando Graziella Buontempo, non ancora romana, passeggiava nella piazza col marito sfoggiando il suo stile di icona napoletana del buon gusto, fermandosi per l’aperitivo al bar Cristallo. 

 

Erano gli anni in cui la città risorgeva completamente dalle brutture della guerra e la moda ritornava come esperienza essenziale di vita e di classe sociale per nobili, nuovi ricchi e borghesi emergenti, arrampicatori sociali e gigolò, un mondo variopinto che si ricomponeva come un mosaico all’insegna del buon gusto e dello stile.

Nell’adiacente Riviera di Chiaia, in un piccolo negozio di 20 metri quadri, 

c’era, e c’è ancora con il nipote, un signore ossequioso, 

gentile, affabile, con abito rigato e panciotto,


che dal cassetto del suo mobile in mogano tirava fuori gli “Square”, i tagli con i quali faceva scegliere le cravatte da confezionare su misura ai suoi clienti. Il negozio, Eugenio Marinella, era anche salotto ed occasione di piacevole passatempo per scegliere impermeabili Burberry, cappelli Lock, pullover Coxmoore e profumi Floris, tutti articoli inglesi che il figlio Gino, allora ragazzo di bottega, andava a scegliere personalmente a Londra. 

 

Nella vicina Via Filangieri imperava Bebè Rubinacci, con la sua London House, un negozio di raffinata eleganza col parquet di legno e le vetrine incorniciate di nero, dov’era possibile acquistare altri prodotti inglesi, articoli di Hermès, cravatte regimental, farsi confezionare abiti dal mitico Vincenzo Attolini e camicie rifinite a mano dalla signora Buonamassa.

Tutti capi che Bebè misurava, plasmava, aggiustava con la sua supervisione 

stilistica, per poi farli confezionare a questi artigiani a suo nome 

per clienti come Giovanni Ansaldo, Vittorio De Sica, 

Curzio Malaparte, Eduardo de Filippo 

o il principe Umberto di Savoia.

Attolini lavorava anche in proprio nella sartoria adiacente al Cinema Delle Palme e cuciva vestiti per nobili e meno nobili. Una volta fu chiamato dall’industriale tedesco Sachs von Opel, proprietario dell’omonima fabbrica di automobili, che l’ospitò nella sua villa in Costa Azzurra con tutta la sua équipe per 30 giorni, per farsi confezionare 40 vestiti, mentre un noto aristocratico si faceva cucire in continuazione nuovi capi affermando che una volta morto Attolini non sarebbe rimasto nessuno in grado di fargli quegli abiti così eleganti. 

 

La signora Buonamassa riceveva nel suo atelier in un palazzo tra Via Vittoria Colonna e Parco Margherita, a ridosso delle scale, rigorosamente per appuntamento, e l’attesa per le camicie era di qualche mese, se tutto andava bene, ma i clienti aspettavano pazienti per avere quelle camicie con i giri delle maniche ribattuti a mano ed i bottoni alti di madreperla.

I luoghi deputati per lo show e gli incontri sociali, oltre a Piazza dei Martiri, 

erano Via dei Mille, Piazza Santa Caterina da Siena, Via Carducci 

e Piazza Amedeo. Lì sfoggiavano eleganza e stile 

i rampolli delle buone famiglie e gli stessi genitori.


Per le donne c’erano l’atelier della De Finizio al numero 40 di Via dei Mille, nel palazzo con la palma al centro del cortile, e la modista Ninetta la Magna con i suoi favolosi cappelli su misura, che primeggiavano tra le tante sartorie che vestivano, in tempi precedenti al prêt-à-porter, le signore della “Napoli bene”. 

 

Nel corso degli anni l’antica tradizione del buon gusto continua, la maison Eugenio Marinella ha ampliato il negozio della Riviera di Chiaia con un appartamento nello stesso palazzo, ha poi aperto sedi a Londra, Roma, Milano e Tokyo e distribuisce le sue cravatte insieme a tanti altri articoli originali in tutto il mondo. Sono passati dalla sua sede il presidente Clinton, Enrico de Nicola, Francesco Cossiga, Pietro Barilla, il principe Carlo d’Inghilterra e tanti altri personaggi famosi.

Ai suoi tempi Gino, il figlio di Eugenio, si recava qualche giorno prima di Natale 

a Milano con un campionario di cravatte e lì, in un albergo del centro, 

incontrava Barilla ed altri facoltosi compratori che gli ordinavano 

centinaia di cravatte da regalare ad amici e clienti 

per l’imminente festività.


Il nipote Maurizio, ora alle redini dell’impresa, disegna una vasta serie di prodotti: foulards, borse, pochettes, tutti rigorosamente all’insegna dello stile e del buon gusto.

Anche Rubinacci ha messo piede a Londra:


Mariano, che ha ereditato la London House del padre, ha trasferito la sua eleganza di moda inglese nella capitale britannica e gestisce il negozio insieme al figlio Luca. Lui, napoletano, veste gli inglesi alla moda napoletana. 

 

Ed il mitico sarto Attolini ha lasciato una forte eredità: 

i nipoti, figli di Cesare Attolini, gestiscono un’importante 

fabbrica di abiti sartoriali che vendono in tutto il mondo, 

nelle boutiques raffinate di Miami, Mosca, New York, esportando la raffinatezza di un abito su taglia o su misura rifinito del tutto artigianalmente secondo l’antica tradizione sartoriale napoletana.

A Napoli, l’eleganza si perpetua e fa scuola il “Made in Naples” 

e non il Made in England in un mondo esclusivo 

che chiede sempre più raffinatezza,


dove l’eleganza, lo stile, la manualità artigianale è considerata un’autentica opera d’arte, a testimonianza di quella creatività unica che contraddistingue la città in tutti i campi.

 

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