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FONDAZIONE BANCO DI NAPOLI L’ARCHIVIO STORICO di Orazio Abbamonte – Numero 21 – Giugno-Luglio 2021 – Ed. Maurizio Conte

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FONDAZIONE BANCO DI NAPOLI L’ARCHIVIO STORICO

 

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Presso la sede della Fondazione Banco di Napoli, alla via Tribunali 212, è conservato l’Archivio Storico, giacimento documentario dalla straordinaria importanza. Si tratta d’una tra le raccolte più rilevanti al mondo – poco meno di 100 km lineari di carte – di documentazione relativa ad attività di imprese bancarie d’età moderna. Il più antico atto lì conservato risale all’inizio del secolo XVI; la parte più cospicua della raccolta va dalla fine di quel secolo sino all’Unità d’Italia.

 

Il corpo di maggior pregio della raccolta è costituito dal materiale attestante l’attività creditizia degli otto banchi pubblici napoletani – presso la sede della Fondazione 

era il Monte dei Poveri – istituzioni per lo più formatesi su un nucleo di finalità caritative, all’epoca affidate a congregazioni di aristocratici e religiosi. 

 

Erano principalmente questi i soggetti impegnati a svolgere la funzione solidaristica nei confronti delle fasce più deboli della popolazione, in un contesto istituzionale pubblico che all’epoca si disinteressava quasi del tutto di ciò che oggi verrebbe definita attività di sostegno alla povertà. Anche al fine di procurare la provvista di danaro necessario allo svolgimento dell’assistenza ai deboli e diseredati – ma ovviamente non solo per questo scopo – le congregazioni s’organizzarono ben presto in banchi ed avviarono una fiorente attività nel settore del credito, ideando anche le forme giuridiche e tecniche più appropriate alla circolazione della ricchezza ed al prestito di danaro.

Centrale strumento per rispondere alle necessità della nascente attività bancaria 

fu la cosiddetta ‘polizza’. 

 

Questa, altro non era che il documento con il quale il cliente del banco – colui che aveva cioè depositate a suo nome somme presso di esso, divenendone creditore – poteva disporre del danaro a lui intestato, effettuando così pagamenti e transazioni d’ogni sorta, senza che fosse necessario maneggiare direttamente moneta ed evitando così i rischi e le difficoltà connesse alla diretta gestione del numerario.

Detto in questi termini, però, non s’intenderebbe l’importanza straordinaria dell’archivio dei banchi pubblici napoletani, miniere di conoscenze d’ogni sorta 

circa la storia della Città e del Mezzogiorno in età moderna.


Bisogna anche sapere che, all’epoca, ancora non era invalso il regime di ‘astrattezza’ del titolo di credito. Ciò significava che all’interno della polizza erano indicate, spesso anche con dovizia di particolari, tutte le ragioni della transazione che davano luogo al pagamento. Cosicché leggendo quei documenti, si ottengono informazioni le più varie, sulla vita di singoli e comunità, su storie di artisti, come su vicende matrimoniali, su momenti grandi e piccoli di famiglie aristocratiche come dell’alta borghesia o di semplici artigiani, commercianti, professionisti.

 

Enormi flussi informativi sono a disposizione su atti pubblici, di politica economica, 

di alleanze, guerre, corruzioni, furti, sulla storia sociale e culturale.

 

L’elenco è pressoché sterminato, quanto sterminato è evidentemente l’ambito d’attività d’una banca – in questo caso di otto banche –  la quale costituisce cuore pulsante in qualsiasi comunità, crocevia dove s’incontrano, si scontrano e si compongono gli interessi più vari. Accanto ai grandi temi, ci sono poi anche le notizie minute, di persone e personaggi, della loro vita privata come di quella pubblica, dall’acquisto di un’abitazione, alla costituzione d’una dote, al pagamento delle spese d’un banchetto, al mercanteggiamento di stoffe e vestiti.

Insomma, attraverso le carte di quell’archivio, è possibile ricostruire storie 

non altrimenti conoscibili e soprattutto avere esperienze di vite d’altri tempi,

con le loro caratteristiche, i loro sfondi originali, le loro esigenze in parte distanti dalle nostre, in parte invece espressione di quella continuità ininterrotta che è la vicenda umana, con le sue altezze e le sue bassezze, i suoi balzi, le sue rovinose cadute. 

 

Da alcuni anni, al fine di rendere i contenuti dell’Archivio sempre più ampiamente 

e variamente fruibili, sono in corso due progetti. Da una parte, attraverso l’adesione 

al programma Transkribus è in atto la digitalizzazione del materiale documentario 

e la successiva sua trasformazione in caratteri a stampa, d’agevole lettura.

 

È un processo di ‘traduzione’ che si serve di tecnologie particolarmente sofisticate ed avanzate, grazie al quale, anche eventualmente su specifica richiesta, è possibile avere un accesso enormemente semplificato a quanto si custodisce nell’Archivio: un accesso cioè consentito anche ad utenti non particolarmente edotti di diplomatica e paleografia.

Dall’altra, è attivo ormai da circa otto anni, presso la sede della Fondazione, 

un Museo della documentazione archivistica. Un museo dotato 

di ricco materiale multimediale

 

che permette al visitatore d’entrare in contatto diretto con il contenuto dei documenti, eventualmente interagendo con esso, e di rendersi conto del funzionamento dell’attività bancaria, nonché d’essere introdotto a racconti di vario contenuto ispirati dalle carte conservate nell’Archivio: e d’avere così diretta esperienza d’una varia ed estremamente suggestiva immersione nel passato, del quale potrà letteralmente avvertire il sapore, anche se in precedenza non ne aveva nemmeno il sentore.

 

In sintesi, l’obiettivo che la Fondazione Banco di Napoli s’è prefissa è stato duplice: per un verso, assicurare la conservazione e la più completa fruizione del patrimonio archivistico al novero, relativamente ristretto, degli studiosi professionali; 

per un altro, avvicinare quello stesso patrimonio 

ad un più vasto pubblico d’interessati,

 

in modo da far apprezzare il valore d’una lunga e coinvolgente storia, la storia del Mezzogiorno d’Italia, in ciò aspirando anche a diffondere sensibilità ed avvertenza per il contesto in cui si vive, condizioni non ultime per l’avanzamento della socialità e così della stessa civiltà.   

 

Di recente la Fondazione sta anche sollecitando, insieme ad altri soggetti pubblici e privati, l’intervento della Regione Campania, perché eserciti il potere di prelazione per l’acquisizione del non lontano edificio, un tempo sede del Monte di Pietà, uno degli otto banchi pubblici la cui documentazione è presente nell’Archivio. Ove l’operazione riuscisse, quella sede potrebbe andare a costituire uno dei siti di conservazione della memoria storica napoletana e del Mezzogiorno d’Italia, potenziando la vocazione del quartiere, già sede, oltre che dell’Archivio Storico, dell’Archivio di Stato, del Pio Monte della Misericordia e di vari altri luoghi culturali d’elezione.

 

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