1

“LA POESIA” E’ UNA SORGENTE di Lorenzo Salazar numero 27 gennaio febbraio 2023 Ed. Maurizio Conte

cat-stile
cat-economia
cat-sud
Rist_la_poesia
lorenzo_slazar_stile

LA “POESIA” e’ UNA SORGENTE

 

 

Dal novembre dello scorso anno il già ampio panorama dei ristoranti italiani a Parigi si è arricchito con l’inaugurazione di un nuovo locale, dotato però di un interesse affatto peculiare.

 

L’indirizzo in rue de la Fidelité, nel 10° arrondissement, a pochi passi dalla Gare de l’Est, sembra giocare con il nome del locale, “La Poesia”.

 

Che non deriva però dalla più eterea delle sette arti bensì dal sostantivo greco πόσις (“bere”), da cui trae origine il nome di un fascinoso luogo sulla costa del Salento che si trova nelle immediate adiacenze dell’area archeologica di Roca Vecchia, poco a sud di Lecce. Una profonda sorgente naturale dà vita a una piscina naturale di acqua dolce che si trova proprio in riva al mare, arroccata su un promontorio e circondata da scogliere calcaree. A questa fonte, fin dal II millennio a.C., dapprima i marinai messapi e quindi quelli greci usavano accostarsi per rifornirsi di acqua e invocare la protezione delle rispettive divinità sulla navigazione. Un nome capace, da solo, di evocare tutta la bellezza della natura, della storia e della cultura del nostro Sud. 

 

Al di là del nome, i piatti preparati dallo chef Giuseppe Fiore, originario di Praiano, si ispirano alla migliore tradizione della cucina meridionale e utilizzano prodotti e materie prime (molti dei quali biologici, come pasta, lenticchie, pomodori secchi…) provenienti in massima parte dal catalogo di Libera Terra, l’associazione che riunisce cooperative sociali guidate dall’associazione Libera di Don Ciotti. 

 

Dietro di esse vi sono decine di strutture produttive e centinaia di ettari di terreno sottratti alle mafie in Sicilia, Puglia, Calabria e Campania grazie all’istituto del riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie introdotto in Italia dalla legge n. 109 del 1996 

in materia di gestione e destinazione di beni sequestrati o confiscati.

 

Su quei terreni e in quelle aziende – non di rado dopo aver resistito a ulteriori atti di intimidazione o violenza posti in essere anche dopo la definitività dei provvedimenti di confisca, quale disperato ultimo tentativo delle organizzazioni criminali di opporsi agli stessi – si producono pasta, olio, vino e altri generi alimentari che rendono omaggio, sin dal nome posto sull’etichetta, alla lotta alle mafie e alle vittime della loro violenza. 

 

Così un vino Primitivo del Salento è dedicato ad Antonio Montinaro, giovane poliziotto pugliese capo scorta del giudice Giovanni Falcone, caduto a 29 anni nell’attentato di Capaci, opera del più sanguinario dei boss, Totò Riina, o un Negroamaro della stessa regione ricorda la storia di Renata Fonte, assessora alla cultura e alla pubblica istruzione del comune di Nardò, assassinata il 31 marzo 1984 per la sua lotta contro la speculazione immobiliare nel Leccese. O ancora i vini Centopassi, tanti quanti quelli che separavano a Cinisi la casa del giovane giornalista e attivista Peppino Impastato da quella di Tano Badalamenti, mandante del suo assassinio avvenuto il 9 maggio 1978; era lo stesso giorno del ritrovamento del corpo di Aldo Moro in via Caetani, coincidenza questa che contribuì a confondere la percezione iniziale dell’evento (che gli autori cercarono anche di mascherare sotto le sembianze di un suicidio, ponendo una carica di tritolo sotto il corpo del povero giornalista, adagiato sui binari della ferrovia Palermo-Trapani) in tal modo oscurandolo in parte all’attenzione dell’opinione pubblica. 

 

Noi italiani, già da molti anni abituati a vedere beni oggetto di confisca destinati a finalità di pubblica utilità (tra i più recenti esempi quello della sede romana della Scuola Superiore della Magistratura, con strepitoso affaccio sulla Fontana di Trevi, già residenza di lusso di un boss della banda della Magliana) 

 

abbiamo difficoltà a comprendere quanto e come esperienze simili possano risultare invece innovative e dirompenti agli occhi dei cugini d’oltralpe.

 

Nonostante l’adozione, nell’aprile 2021, di una legge ispirata a quella italiana, pratiche simili appaiono ancora marginali e poco conosciute in Francia, dove i servizi statali sono spesso apparsi riluttanti a riconoscere la crescente presenza della crimine organizzato e solo di recente hanno cominciato a mobilizzare l’Agence de gestion et de recouvrement des avoirs saisis et confisqués (Agrasc) creata sul modello della nostra Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata.

A una tale presa di coscienza intende a suo modo contribuire anche l’équipe 

de La Poesia, ispirata tra l’altro da un magistrato francese che ha a lungo lavorato 

nella nostra penisola, proponendosi di promuovere e diffondere l’esperienza italiana 

in materia di contrasto alle organizzazioni criminali.

Il locale viene infatti animato non solo attraverso l’esposizione sui suoi muri di opere di pittori italiani legati al meridione ma anche con eventi e incontri sul tema (il più recente dei quali dedicato proprio al trentennale degli attentati a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino). Sono state anche avviate iniziative di partenariato con associazioni francesi impegnate nel reinserimento sociale dei più debolì, partecipando in tal modo, anche attraverso l’assunzione di personale di sala tratto dalle stesse, a un percorso di solidarietà concreta. 

 

Quanta distanza appare separare l’esperienza de La Poesia da quella, così diversa e di breve durata, del ristorante aperto nel 2017, in un diverso quartiere della capitale francese, proprio dalla figlia del boss di Corleone giudicato principale responsabile della strage di Capaci, che faceva esplicito riferimento, già a partire dalla scelta del nome, all’evocativa immagine del paese del Padrino. Le differenze non si misurano solo sulla base degli ingredienti delle pietanze e delle voci dei menù… 

 

 

 

ristorante_parigi
ghirigoro_stile
la_poesia_sorgente