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IL SUD AGGANCIA LA RIPRESA di Francesco Serra di Cassano – Numero 9 – Dicembre 2017

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Il Mezzogiorno è in grado agganciare la ripresa, ma il suo passo è meno sostenuto di quello del resto del Paese. Secondo le stime Svimez, a ottobre 2017 il PIL italiano risulta in crescita dell’1,5%, conseguenza del +1,6% del Centro-Nord e del +1,3% del Sud. 

 

Il quadro è in costante movimento e, tra luci e ombre,
segnala uno stato di salute in leggero miglioramento.

 

Per il 2018, Svimez prevede che le esportazioni e gli investimenti cresceranno più al Sud che al Centro-Nord (rispettivamente +5,4% e +3,1% contro +4,3% e +2,7%) e anche la domanda interna sarà superiore, ma ci sono fenomeni in controtendenza: la fuga dei cervelli (che non si arresta) e la crescita della povertà rischiano di inficiare il consolidamento del processo di sviluppo. La situazione è comunque molto articolata. Nel 2016 il PIL della Campania è salito del 2,4%, quello della Basilicata del 2,1% e quello del Molise dell’1,6. Tutte le altre regioni hanno avuto una crescita inferiore all’1% fino al risultato negativo dell’Abruzzo che ha segnato -0,2%. Tra i settori economici, nel 2016 il Sud ha superato il Centro-Nord nell’industria, nelle costruzioni e nel terziario, mentre il valore aggiunto in agricoltura è tornato a diminuire dopo il boom del 2015. Secondo Svimez, l’aumento del PIL meridionale mostra primi segni di solidità a partire dal recupero del settore manifatturiero, cresciuto del 2,2%, e poi dalla ripresa dell’edilizia (+0,5%) e dal positivo andamento dei servizi (+0,8%), soprattutto nel turismo, anche grazie alla delicata situazione geopolitica dell’area del Mediterraneo che ha dirottato flussi verso il nostro Meridione. A trascinare poi l’evoluzione positiva del PIL nel 2017 e nel 2018 sarà l’andamento della domanda interna, che al Sud registrerà, rispettivamente, +1,5% e +1,4%. 

 

Il dato più interessante del rapporto Svimez riguarda però la pubblica amministrazione, che nel Mezzogiorno sconta un forte ridimensionamento, un dato che sembra in parte sconfessare il luogo comune del Sud
quale fonte di sperpero di denaro pubblico.

 

Tra il 2011 e il 2015 si è avuta una diminuzione di dipendenti pubblici (- 21.500) superiore al Centro Nord (- 17.954) e una spesa pro capite corrente consolidata della PA pari al 71,2% di quella del Centro-Nord, con un divario assoluto di circa 3.700 euro a persona. Tuttavia, secondo il rapporto, la sfida di una maggiore efficienza della macchina pubblica al Sud “passa per una sua profonda riforma, ma anche per un suo rafforzamento attraverso l’inserimento di personale più giovane a più alta qualificazione”. Le emergenze sociali rappresentano il problema più grave del Mezzogiorno. Oltre alla crescente povertà (10 meridionali su 100 risultano in condizioni di povertà assoluta),

 

il rapporto indica come il tasso di occupazione nel Mezzogiorno sia ancora il più basso d’Europa (35% inferiore alla media UE), nonostante nei primi 8 mesi del 2017 siano stati incentivati oltre 90 mila rapporti di lavoro nell’ambito della misura denominata “Occupazione Sud”.

 

La povertà e le politiche di austerità “deprimono i consumi”, soprattutto in terre non più giovani, né tantomeno serbatoio di nascite del Paese: “si sta consolidando- dice Svimez – un drammatico dualismo generazionale, al quale si affianca un deciso incremento dei lavoratori a bassa retribuzione, conseguenza dell’occupazione di minore qualità e della riduzione d’orario, che deprime i redditi complessivi”. Il Sud, infine, a differenza delle altre aree del Paese, resta un luogo di emigrazione che non riesce ad attrarre persone da fuori. La dinamica demografica negativa del Centro-Nord è compensata dalle immigrazioni dall’estero, dallo stesso Sud e da una certa ripresa della natalità, mentre il Mezzogiorno è ancora terra d’emigrazione selettiva (specialmente di qualità), interessata da un progressivo, ulteriore calo delle nascite, due dati che segnalano una difficoltà sistemica dell’economia del Mezzogiorno.

 

 

 

 

 

IL SUD AGGANCIA LA RIPRESA

 

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