NAPOLI MON AMOUR di Giuditta Casale – Numero 16 – Febbraio 2020

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NAPOLI  MON AMOUR

 

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“È con sincera convinzione che diamo ad Alessio Forgione il benvenuto nella categoria dei veri scrittori”, 

lo afferma Ernesto Ferrero, come si legge sul retro della bellissima copertina del secondo romanzo, Giovanissimi, per la collana La Stagione della casa editrice milanese NN Editore, la stessa con cui lo scrittore napoletano ha esordito nel 2018 con Napoli mon amour, che nel frattempo è diventato anche un progetto teatrale per il Teatro Mercadante di Napoli con la regia di Rosario Sparno, oltre ad aver vinto il Premio Berto 2019.

 

C’è una stretta, e nello stesso tempo originale, continuità e contiguità tra i due romanzi, soprattutto attraverso i rispettivi protagonisti: il trentenne, precario e asfittico, Amoresano, e l’adolescente e acerbo Marocco.  

 

Già in Napoli mon amour Marocco gioca un ruolo da comparsa come ricorda Forgione:  

 

c’è un rapporto evidente tra Amoresano e Marocco, descritto in “Napoli mon amour” stesso, di cui Marocco è un personaggio, nella prima parte, che entra in un bar e dice delle cose riguardo la situazione del Napoli e Amoresano è insofferente, perché le reputa delle sciocchezze. Poi Marocco scompare, Amoresano va avanti e scompare anche lui e torna Marocco, che diventa il protagonista di “Giovanissimi”.

 

Ma ancora più interessante è il dettaglio che Forgione aggiunge:   

 

in “Napoli mon amour” Amoresano parla di un racconto che ha scritto e in cui ci sono due ragazzini che spacciano. E se quel racconto fosse diventato un romanzo? L’autore di “Giovanissimi” è Amoresano?

 

E se provassimo davvero a considerare il protagonista di Napoli mon amour 

come l’autore di Giovanissimi, al posto di Alessio Forgione?    

 

Non solo si potrebbe crederlo, ma è affascinante l’idea di leggere Giovanissimi come il romanzo, finalmente pubblicato, di Amoresano, sollecitato a scrivere in Napoli mon amour dal suo idolo letterario: La Capria, che fortunosamente incontra in uno dei passi più memorabili del romanzo.   

 

«Mi disse che i miei racconti gli erano piaciuti moltissimo.» 

«Lei ha stile, Amoresano» continuò «e, cosa ancora più rara, lei possiede una voce. Un buon narratore, cos’altro è se non una voce che ti sussurra all’orecchio? E lei quella cosa ce l’ha».  

 

Il limite che La Capria riscontra nella scrittura di Amoresano è la mancanza di contemplazione, perché rimprovera al giovane di essere troppo immerso nella storia. Amoresano tenta una giustificazione: come scrittore di “persone povere” (e in Giovanissimi ritorna l’attenzione alle fasce più disagiate, non solo in termini economici ma anche sentimentali e sociali) l’immersione potrebbe essere una cifra stilistica per rendere la scrittura più credibile. Sulla questione, però, La Capria è irremovibile: «Non penso, Amoresano. Vede, la buona narrazione è fatta tutta alla stessa maniera».  

 

In Giovanissimi, Alessio Forgione (forse proprio perché nella voce di Amoresano?) riesce a trovare un equilibrio perfetto e suggestivo tra l’immersione nella storia, già presente in Napoli mon amour, e “la visione aerea” suggerita da La Capria ad Amoresano, la capacità sorprendente di «innalzarsi sulla storia. Come se ci volasse sopra», nonostante la narrazione in prima persona del protagonista.

 

Un altro forte elemento di unione tra i due romanzi è il quartiere napoletano 

in cui entrambi sono ambientati: Soccavo. 

 

Un elemento di continuità non solo voluto, ma studiato anche nelle differenze stilistiche con cui è trattato.  

 

In Napoli mon amour il quartiere appare poco, – evidenzia Forgione – in Giovanissimi è a tutti gli effetti un personaggio; uno dei più importanti a dire il vero. Ricordo una mail che scambiai con Eugenia Dubini, ch’è l’editore e anche la persona che mi accende la luce e mi consente di guardare alle cose che faccio con più chiarezza. Lavoravamo alla revisione di Napoli mon amour ed Eugenia mi disse che c’era poco del quartiere, che appariva sfocato e che non si capiva bene che funzione avesse e perché nominarlo se poi non ne parli davvero. Le risposi che nel prossimo libro, ovvero Giovanissimi, avrei chiarito la faccenda del quartiere, che non potevo toglierlo e doveva fidarsi.

Che la presenza così viva del quartiere sia dovuta allo sguardo “aereo” 

di Amoresano, che scrive del giovane Marocco? 

 

È ad Amoresano, che vive a Soccavo come Marocco, che Alessio Forgione ha affidato la descrizione del quartiere, che invece in Napoli mon amour era rimasto volutamente sottotraccia, perché Amoresano ne era il protagonista e non l’autore?  

 

Nella rappresentazione della città di Napoli attraverso Soccavo, Alessio Forgione dimostra la raggiunta maturità di sguardo, consapevolezza letteraria e voce stilistica. Un passaggio necessario e voluto, un rimando e un superamento che unisce strettamente l’esordio alla seconda prova.

Ad unire, ancora, i due romanzi, c’è l’amore e la donna: Nina per Amoresano, 

Serena per Marocco. La forza salvifica e l’emozione di sentirsi vivi e trasformarsi 

in esseri desideranti, mentre la vita con le sue angustie 

vuole soffocare ciò che si vorrebbe essere. 

 

Nell’amore entrambi i personaggi provano a trovare sé stessi, a dare un senso a ciò che vivono, a lasciare una traccia. Napoli mon amour e Giovanissimi potrebbero dunque essere due capitoli, di certo indipendenti ma che letti in successione si illuminano e riverberano l’uno nell’altro, riuscendo a spiegare con forte immediatezza e senza edulcorazioni ciò che siamo a trent’anni oggi e ciò che siamo stati “per la prima volta” a quattordici.  

 

Un romanzo di formazione il primo, dalla parte dei trentenni che si scontrano con la realtà liquida e flessibile dei nostri tempi; e un romanzo di formazione il secondo, che ci riporta al passato, per rintracciare dei fili, introspettivi ed emotivi questa volta, che si tendono verso il futuro.

Ancora più affascinante pensare che Alessio Forgione nel dipanare questi fili da Napoli mon amour a Giovanissimi abbia voluto sperimentare la sua voce 

nel raccontare di Amoresano, e quella di Amoresano nel raccontare di Marocco.

 

In questo gioco raffinato di specchi letterari, potremmo persino credere che Amoresano sia l’alter ego di Forgione, come Marocco di Amoresano, e che tutti e tre in questo preciso momento se ne stiano in un bar con una birra ghiacciata in mano a discutere del Napoli e della tattica di gioco.  

 

«Dicono che i napoletani parlino al passato remoto, ma è un’idea sbagliata» le dissi […] «secondo me è più che vedono il futuro, il presente e il passato come un’unica striscia dritta, come se esistessero tutti nello stesso istante e quindi sapessero che niente potrà mai davvero cambiare». 

 

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