LA LUNGA VIA VERDE di Pierluigi Giorgio – Numero 2 – Ottobre 2015

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Abbandonati da decenni, escono dall’oblio e stanno per essere protetti e valorizzati. E’ stata infatti presentata ufficialmente a Roma, lo scorso maggio, una richiesta all’Unesco per inserire queste immense strade verdi nel patrimonio culturale dell’umanità. Una grande opportunità per chi si batte per conservare la memoria di un passato umile e, insieme, grandioso del nostro Paese e preservare storia, cultura e ambiente delle regioni che erano interessate dalle spettacolari transumanze di una volta, e cioè Abruzzo, Molise, Puglia. Myrrha ha chiesto ad uno dei maggiori studiosi di storia e costumi dell’Italia rurale, Pierluigi Giorgio, di raccontare la sua esperienza e i suoi viaggi lungo i tratturi. Quella che segue è la sua commovente testimonianza.

Percorsi di pellegrinaggio, del commercio itinerante e della conoscenza di altri popoli, usi, tradizioni. I campi di battaglia tra Sanniti e Romani; oggetto di controllo e regolamentazione dei passaggi animali ed umani, che si sono susseguiti nei secoli: Normanni, Svevi, Aragonesi, Borboni…
A contrappunto del percorso, mura di difesa e avvistamento di popoli antichi, le torri, i castelli, le cappellette, le chiese, i mulini, i fontanili, gli opifici… Autostrade erbose: senza auto, naturalmente!

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LA LUNGA 
VIA VERDE

 

Pierluigi-Giorgio

I tratturi non erano solo le vie delle greggi, ma sino a non moltissimi anni fa, le vene ove pulsava la vita di un territorio; arterie in cui fluivano civiltà, economia, cultura, scambio…

Il vecchio zi’ Felice non poteva credere che avrei percorso passo passo con loro, che erano abituati da generazioni, i 180 km. che dalle Puglie, li separavano da Frosolone; che avrei condiviso il sole, la pioggia, i bivacchi attorno al fuoco. Dovette ricredersi: l’ultima sera aveva le lacrime agli occhi! Me lo ricordo quando vide il documentario che avevo fatto realizzare, in silenzio: la fatica di una vita innanzi agli occhi di tutti! E la commozione, la gratitudine e anche il disappunto per un percorso sempre più in residuo, invaso dagli sterpi, inglobato dai frontisti (i contadini confinanti con le proprie terre); dalle concessioni della Forestale e – sembra incredibile dato il vincolo – a volte anche dal permesso di asfaltare…
E’ rimasto un urlo soffocato il suo, strozzato! Se l’è portato via con sé, tra le nuvole nel ’95 su tratturi sicuramente più ampi, senza confini. Forse è lì che scuote ancora la testa guardando le difficili transumanze dei suoi cari…
Passarono gli anni e per i tratturi non fu fatto niente, o forse veramente poco: salvo le parole, parole, parole. Anche le ultime taverne dei pastori, stanno inesorabilmente crollando. Si stanno sgretolando! Ma tutto ciò appartiene alla storia, all’identità di un popolo, del Molise: alla storia universale!…
Ho sempre pensato che la nostra regione non ha laghi pittoreschi come quello di Como o del Garda; non ha Dolomiti, ma possiede una risorsa unica, tutta propria, che se fosse stata protetta in tempo, oggi costituirebbe un’alternativa turistica per il Molise; particolarissima. 
I tratturi non esistono più in Puglia, miseri tratti in Abruzzo vanno cercati.

Ben 111 metri di larghezza: ai lati, a delinearne l’ampiezza e a impedire lo sconfinamento animale o coltivo, due lunghe fitte siepi longitudinali: i guardrails d’altri tempi. I luoghi di sosta? Gli autogrill, i motel d’altri tempi: vecchie taverne…

Era il 1986 quando m’infilai gli scarponi, zaino in spalla e volli per la prima volta percorrere circa 250 Km. di tratturi a piedi affascinato dall’idea che solo nella mia terra, il Molise, erano in buona dose ancora intatti, seppur comunque seriamente a rischio: come i Koala o certe forme endemiche flogistiche… Pubblicizzai l’evento: non sarebbe stato un semplice trekking ma una marcia provocatoria: riportare il problema “salvaguardia e cura” di tracciati antichi più di 2000 anni, all’attenzione della gente dei borghi che gravitavano sui tratturi, dei politici molisani del momento, dei media nazionali.
E la gente venne ad incontrarmi puntuale; ad ascoltare le storie che narravo; le proposte che suggerivo… A volte mi venivano incontro; a volte mi accompagnavano per qualche tratto, mi offrivano cibo, attenzione e sostegno… Capirono man mano di non vivere con le loro case, accanto ad un semplice prato d’erba; compresero che dovevano impedire la cancellazione dei tratturi e magari la loro stessa storia, con una colata d’asfalto su quel verde cordone ombelicale che li riconduceva alle proprie vicende umane; ad un’identità di popolo…

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Insomma un mondo semplice ma funzionale che oggi può tornare ad insegnarci l’armonica simbiosi tra uomo e territorio. Il senso del mio andare? Passo passo, seguivo il ritmo del mio cuore, le sensazioni a fior di pelle, il palpito della storia… Si, tanta gente venne, tanti borghi s’inventarono una festa d’agosto, un momento di riflessione e vi fu un “tam tam” pubblicitario fitto ed intenso, sicuramente a livello non solo regionale, ma largamente nazionale. Anche Maurizio Costanzo mi volle in trasmissione, intrigato dal fatto che un attore e scrittore, invece delle tavole di palcoscenico sceglieva di calcare… la cacca di armenti. Preferiva cioè recitare e narrare testi intrisi di messaggio legati al percorso attraversato e alla sua storia, nelle varie 14 tappe che si susseguirono in una teoria di giorni esaltanti. Insomma, finalmente se ne parlava! Proposi di salvare ed utilizzare i tratturi per il turismo, lo sport, lo spettacolo!

Tre anni dopo venni a sapere di una famiglia – i Colantuono – che ancora faceva la transumanza con circa 600 mucche: Molise-Puglia e ritorno. Me la feci presentare ed espressi il desiderio di seguirli, di raccontare, di fotografare la loro storia, di filmarla.

Recuperiamo, salvaguardiamo almeno i nostri, in linea con quell’illuminato decreto ministeriale che anni fa li sottopose a vincolo ritenendoli di notevole interesse per l’archeologia e per la storia politica, sociale e culturale.

Turismo e cultura, potrebbero dare lavoro a molte persone, giovani in particolare… Offriamo la possibilità a contadini ed artigiani di vendere i loro prodotti, di offrire ospitalità: non strozzandoli di tasse o altro. Incentiviamo il restauro delle vecchie masserie, non costruiamo nuove strutture; diamo sostegno e albergo ai nuovi trekkisti, ai cavalieri, a coloro che amano passeggiare per giorni senza incontrare l’asfalto; fare soste tra gente e cibi genuini. Suggeriamo veri itinerari, fattibili, a tutti coloro che in un ritmo lento ritrovato, cercano un’oasi di pace ove passo, pensiero e cuore possano viaggiare all’unisono. 
Molise, terra dal fascino discreto, terra di grande ospitalità che a mio avviso il turista cercherà come l’oro quando Umbria e Toscana – ad esempio – saranno sempre più inaccostabili per l’inarrestabile lievitazione dei prezzi e per la perdita di un volto proprio.
Qui avremmo e offriremmo la possibilità di

riassaporare gli umori di una terra, ricalcare le tracce degli antenati, ritrovare ritmi più umani nel dialogo e rispetto con la natura.

Come concludere? Mi rendo conto delle difficoltà organizzative, burocratiche e compagnia bella. Lo so, non sono un diplomatico, forse solo uno sciocco idealista legato ad alcun partito e non potrei e vorrei mai essere un politico; ma solo un artista con la sensibilità dell’artista; un uomo che conserva e protegge autonomia e che vive le cose dall’interno, con grande rispetto: sempre; che ha voluto relazionarsi con la gente – soprattutto con i più semplici – che ne ha attinto insegnamento, che si è voluto rimescolare con la terra. Una cosa però la so: se mancherà seriamente e immediatamente l’impegno, la volontà di proteggere definitivamente i tratturi facendone rispettare il vincolo; la lungimiranza di un progetto turistico fattibile; se non si affiderà a competenti professionisti del campo e non a improvvisati avventori politici il compito di “vendere” il pacchetto Molise, di credere nei tratturi, consci che un giorno tutto ciò “pagherà” – perché è questo che i nuovi turisti in genere, già stanno chiedendo – perderemo irrimediabilmente l’ultimo treno e con esso la magica lunga via verde. Resteranno solo le parole, i vani proponimenti; le chiacchiere a vuoto di chi dovrebbe essere preposto alla salvaguardia e all’utilizzo mirato.
Perché non ricostruire (riattare) tutto un lungo ininterrotto percorso fratturale per transumanze e turisti, recuperandone nei punti difficili, non più riscattabili, non dico 111 metri di larghezza come all’origine, ma almeno 3 a testimonianza e continuità di percorrenza? Valutando dove creare sottopassi e cavalcavia per non incrociare, a proprio rischio, l’asfalto e auto distratte e “frettolose”.

La richiesta presentata all’Unesco lascia ben sperare in un futuro di conservazione e valorizzazione delle grandi vie della transumanza.

Un passato di lavoro duro, umile, lento, di cui gli italiani non debbono vergognarsi, ma andare fieri. Dovremmo indicare i tratturi ai nostri figli come un esempio di armonia tra il lavoro dell’uomo e la conservazione dell’ambiente che, oggi, è assai raro scorgere nel tumultuoso sfruttamento della natura.
Il Molise crescerà con i tratturi e i tratturi con il Molise! Sono pronto a scommetterci…
E’ il momento di azioni pratiche: nonostante tutto, voglio ancora sperare!…

 

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