PALERMO, PONTE TRA LE CULTURE di Lucia Gotti Venturato – Numero 11 – Luglio 2018

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PALERMO, PONTE TRA LE CULTURE

 

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Palermo, greca, romana, araba e normanna, crocevia delle culture del Mediterraneo era la capitale di un regno enorme. La città contava allora duecentocinquantamila abitanti quando Roma ne aveva soli trentamila. 

Le feste, le celebrazioni, i fasti e i personaggi di quegli anni non poterono essere ripresi da una telecamera, ma i più grandi artisti dei paesi vicini e lontani 

li hanno documentati,


e oggi ne sono testimonianze i mosaici della Martorana, i dipinti delle formelle del soffitto a mukarnas della Palatina, i più recenti mosaici del Duomo di Monreale e l’elenco potrebbe essere senza fine se si pensa all’intera Sicilia. 

 

L’arte si è evoluta nei secoli e così pure le sue forme espressive, ma gli artisti non hanno abbandonato la Sicilia; pittori, scultori, fotografi e soprattutto registi continuano a volersi misurare con l’arte, la storia e le tradizioni di questa terra. Ecco cosa scrive Win Wenders mentre sta girando Palermo Shooting e si trova in visita al Museo Abatellis ammirando il Trionfo della morte: “Sono entrato in un museo che stava all’angolo di dove vivevo e ho trovato la mia sceneggiatura in un dipinto sul muro di cinquecento anni prima, dove c’era tutto: la morte con le sue frecce, le persone spaventate e un fotografo che non aveva paura, anche perché lui è il pittore ed è praticamente lo stesso. Tutta la mia storia era già stata dipinta da un pittore sconosciuto a Palermo cinquecento anni fa. Ho ringraziato e ho pensato che questa fosse la mia sceneggiatura. Poi ho sentito altre storie sulla città e ho capito che la vitalità di Palermo era dovuta al fatto che conosceva così bene la morte. Quindi forse fare un film che avrebbe contribuito a ristabilire l’immagine della morte, non solo negli affreschi ma in generale, avrebbe aiutato non soltanto la città ma anche tutti quelli che avrebbero visto il film.” 

 

Palermo, che nel suo DNA riassume l’eredità del mondo, che geneticamente incarna il ciclo della vita dell’uomo, ci è parsa luogo ideale per ospitare il 

Sole Luna Doc Film Festival, un festival di documentari che si proponeva l’obiettivo di fare luce sulla condizione dell’umanità e di approfondire la conoscenza 

delle culture “altre”, di favorirne l’incontro, il dialogo, l’interazione, 

di costruire nuovi ponti da attraversare e di indicare nuove vie 

da percorrere in grado di avviare processi 

di amicizia e inclusione tra i popoli.

Un’intuizione felice che ha contribuito a farlo divenire negli anni, un luogo riconosciuto a livello internazionale, un’area di libero scambio intellettuale e artistico, una corte privilegiata dove si mescola il pubblico più eterogeneo,

composto da intellettuali e artisti ma anche da gente comune e da turisti, 

così come da giovani studenti e da migranti.


La forza del progetto si riscontra anche nella partecipazione di questi ultimi, giovani e adulti, uomini e donne che ancora aspettano di accedere a uno status e che sono alla ricerca di uno spazio, di un territorio che li accetti, li accolga, li consideri parte integrante della società civile. Al festival si sentono a casa, scoprono attraverso i film proiettati l’attenzione che viene data alla loro condizione, 

a volte nelle immagini riconoscono gli alberi, i colori, i cieli della loro terra d’origine, altre sono accolti con musiche, cibi e bevande dei loro paesi.


Il festival ebbe il suo esordio nel 2006 a Santa Maria delo Spasimo e negli anni è stato ospitato nei più importanti siti storici della città, alla GAM, ex Convento di Sant’Anna, a Palazzo Chairamonte Steri e ai Cantieri Culturali alla Zisa, ritornando l’anno scorso allo Spasimo dove saremo di nuovo accolti per la tredicesima edizione dal 2 all’8 luglio 2018, nell’anno in cui Palermo è capitale della cultura e in piena attività con la Biennale Europea itinerante Manifesta12. In questi 12 anni abbiamo avuto l’onore di lavorare con siciliani come Nino Buttitta, Francesco Alliata, Ludovico Corrao, con registi come Christopher Nupen, il premio Oscar Mark Peploe, Gianni Massironi, Nima Sarvestani, Mohammad Bakri, Eyal Sivan, Stefano Savona artisti di fama mondiale come James Turrell, Wael Shawky, Karim Said, personalità come Adama Dieng, Frederic d’Agay, abbiamo prodotto documentari e video-art. Abbiamo fatto buona scuola avviando percorsi formativi con alcuni licei palermitani, coinvolgendo i loro studenti nelle giurie e in programmi di alternanza scuola/lavoro. La tredicesima edizione confermerà l’eccellenza della manifestazione con un programma di anteprime nazionali e internazionali, che offriranno tanti nuovi spunti di riflessione, sia nelle rassegne in concorso che fuori concorso.

Riceveremo ospiti prestigiosi come Ingrid Rossellini e Nima Sarvestani, 

membri della giuria internazionale, tanti amici e abitué ci raggiungeranno 

dall’estero e dal resto d’Italia. Sarà un’occasione per tutti di ritrovare 

una Palermo in grande attività, che da Capitale della Cultura, offrirà 

il meglio della produzione artistica mondiale del momento. 


Anche Sole Luna Doc Film Festival, a modo suo e rispettando i temi cari al progetto, esporrà
Il Sacro degli altri, una mostra di fotografie sui diversi culti religiosi praticati in città, proporrà Renegotiating Identities, una selezione di Video-art di sul tema dell’identità rinegoziata, una installazione sonora Crossfade, e una performance del disegnatore Gianluca Costantini, Auto da fé, nelle celle dell’Inquisizione dello Steri. 

 

In occasione di Manifesta 12, che ha come tema “il giardino planetario”,

Sole Luna Doc Film Festival ha scelto come simbolo dell’anno 

il gelsomino di Sicilia il Jasminum grandiflorum,


e lo ha fatto riprodurre in maniera ecosostenibile da ArtFicial, un’azienda siciliana che realizza cloni di opere d’arte con gli scarti del mais. Questo fiore, originario dell’Asia Meridionale e del Nord Africa, ha migrato di terra in terra, raggiungendo i Grandi Laghi, lo Yunnan e il Sichuan, arrivando anche in Guinea, nelle Indie Occidentali, nell’America centrale e quindi in Italia. Per sottolineare questo suo itinerare nei secoli,

abbiamo dato il nome al nostro distintivo di “gelsomino migrante” e tutti noi, 

operatori, artisti, ospiti, lo indosseremo durante la settimana del festival 

e inviteremo il nostro pubblico a condividere con noi anche questo momento 

del nostro percorso comune. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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era presente la nobiltà, il clero, la diplomazia di tutto il mondo conosciuto: le tiare si mescolavano ai turbanti, molte erano le lingue parlate, dal latino all’arabo, dal greco al tedesco, dal francese all’ebraico

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