SANDRO RUOTOLO di Gaia Bay Rossi – Numero 1 – Luglio 2015

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e nella denuncia delle illegalità in Campania, sua terra d’origine.
Recentemente i suoi importanti servizi sulla terra dei fuochi hanno fatto infuriare il boss camorrista Michele Zagaria che è arrivato a minacciare di morte il giornalista. Per questo, dal mese di maggio 2015, il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, ha deciso di assegnargli un servizio di scorta.

SANDRO RUOTOLO

 

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Chiediamo a Sandro Ruotolo un punto di vista, dalla sua esperienza, sulla situazione di Napoli e del sud Italia.

Napoli mi ha trasmesso tutto, soprattutto dal punto di vista professionale: ho infatti iniziato lì la miacarriera e la cosa straordinaria è stata la cronaca, nel senso che tu potevi seguire l’efferato omicidio di camorra e poi avere il summit dei ministri della cultura europei. Quindi è stata una formazione che mi ha consentito di spaziare a 360 gradi. Mi ricordo quando ci fu il colpo di Stato in Libia, con gli americani che intervennero con la portaerei Nimitz, una delle imbarcazioni di guerra più imponenti mai costruite, e questa, dal Golfo della Sirte, passò poi per Napoli e noi ci occupammo dell’avvenimento. Napoli è una città che professionalmente ti dà tante occasioni. Abbiamo avuto l’opportunità di seguire la cronaca ma anche tutti i processi importanti, Enzo Tortora, Elena Massa, che era una giornalista del Mattino, e poi tutti i processi alla camorra. Però, differentemente da tutta quella generazione di giornalisti che oggi sono i “giornalisti per eccellenza”, come Luigi Ferrarella del Corriere della Sera o Peter Gomez che è diventato direttore del Fatto Quotidiano.it, noi abbiamo avuto una formazione più a 360 gradi, e questa è stata la scuola di Napoli.

Napoli certamente dà delle opportunità, anzi proprio in una realtà del genere il talento è piùvirtuoso, cioè emerge di più. Il problema di Napoli, ma non solo di Napoli, è che oggi le intelligenze espatriano, per cui hai ricercatori straordinari che girano il mondo, anche se questo è un problema che riguarda tutto il Paese Italia. Poi, certo, ci sono delle eccellenze: pensa al marchio Marinella nel settore della moda, ma anche all’importanza del settore industriale. Napoli ti dà la possibilità di emergere anche nella complicazione dello stato di fatto. Ricordo Luigi Compagnone, che era uno scrittore e giornalista napoletano, che dava questo quadro di Napoli: un grande arcipelago di isole, dove però non c’è la connessione. Quindi ci sono delle eccellenze che però o emigrano o restano isolate perché non c’è un tessuto industriale. Nel dopoguerra c’è stato al nord lo sviluppo industriale, poi negli anni ’60/’70 qui si è pensato di realizzare le famose cattedrali nel deserto senza valorizzare il territorio meridionale. Si pensava che l’industrializzazione portasse benessere e poi, invece, abbiamo visto i suoi effetti tipo l’acciaio a Taranto e a Bagnoli. Abbiamo visto anche che cosa significa l’industria pesante per l’ambiente, per lo sviluppo e l’ecologia. Oggi c’è una sensibilità completamente diversa anche nel sud Italia. Però, sicuramente, delle eccellenze ci sono e sono molto più diffuse di quello che non traspare dai mezzi di informazione.

Come si può descrivere Napoli senza rimanere intrappolati negli stereotipi?

Andando nella sua periferia. Perché sicuramente Napoli è Piazza Plebiscito, il Maschio Angioino,Mergellina e tutte le altre bellezze mozzafiato che costituiscono il patrimonio di Napoli. Però la bellezza vera di Napoli la devi avere risolvendo le problematiche che ci sono in periferia. Non dobbiamo più pensare che tutto si risolva nei vecchi centri urbani, oggi le città si sono allargate e nelle periferie vive quello che definiamo il ceto popolare, che una volta era anche il ceto operaio. Beh, anche quella è la vera Napoli e solo risolvendo i problemi di quelle persone puoi risolvere una città e farla progredire.

Chi e quali sono le eccellenze di Napoli e della Campania?

Sei nato a Napoli, cosa ti ha trasmesso questa città durante la tua crescita e formazione?

Braccio destro di Michele Santoro a “Servizio Pubblico”, Sandro Ruotolo è un giornalista napoletano di grande esperienza. Ha iniziato la sua professione nel 1974 per il quotidiano Il Manifesto, entrando poi alla RAI e passando successivamente a Mediaset e a La7. Ha collaborato con numerosi programmi televisivi d’inchiesta tra cui Samarcanda, Il rosso e il nero, Tempo reale, Moby Dick e Anno Zero. Giornalista vero a 360 gradi, è stato spesso impegnato in prima linea nelle indagini 

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Quindi Napoli dà delle possibilità ai giovani che vogliono in qualche modo emergere?

Cosa sta facendo Napoli per risolvere i problemi delle periferie?

Il punto è che noi stiamo vivendo la peggiore crisi del dopoguerra. Dalla crisi finanziaria americana del 2007 i segnali di crescita sono minimi e, quindi, sono necessari nuovi forti investimenti. Dopo la grande depressione del 1929 ci fu Roosevelt e il New Deal. Oggi abbiamo bisogno di un altro New Deal. Abbiamo bisogno di investire sul territorio. Si dice che l’edilizia sia il volano dell’economia: quindi ristrutturando i centri storici, ridisegnando l’assetto idrogeologico, potremmo creare lavoro e risolvere ancora altri problemi. Alla base del boom economico degli anni Sessanta ci fu proprio il settore edile. Oggi, come allora, potremmo programmare l’impiego del lavoratore edile per risanare il territorio e ridurre i costi e l’impatto delle emergenze.

Io un’eccellenza la vedo nella risposta dei cittadini al tema della salute e dell’ambiente, sia per quanto riguarda la terra dei fuochi sia per questo movimento Rifiuto Zero. Quella per me è un’eccellenza, con questa idea della salute, del ripristino dell’ambiente e della bonifica del territorio. Questa che protesta e si attiva è una vera eccellenza. In ogni caso, le industrie del nord che per risparmiare soldi hanno interrato i rifiuti nella mia terra, in Campania, lo hanno fatto in ben 19 regioni italiane. Ma noi abbiamo altre eccellenze, sia nei segmenti industriali, sia nelle intelligenze: pensiamo all’università di Napoli che è un polo straordinario. Poi abbiamo anche il settore aerospaziale e l’agricoltura. Esperienze di eccellenza le abbiamo noi, ma ci sono anche in Puglia, in Calabria, in Sicilia. Una nostra eccellenza è anche il turismo, con i territori strepitosi che abbiamo, perché dobbiamo finirla con questa idea malsana dell’industrializzazione e del PIL che deve aumentare a tutti i costi. Oggigiorno l’industria pesante ce l’hai in India piuttosto che in Indonesia: oggi non ha senso fare qui un’acciaieria con le materie prime che debbono arrivare da fuori per nave ecc.; ormai ci si deve specializzare nella qualità e nel recupero energetico.

Papa Francesco, andato a Scampia, ha detto: “La vita a Napoli non è mai stata facile ma non è mai stata triste. È questa la vostra grande risorsa: il cammino quotidiano in questa città produce una cultura di vita che aiuta sempre a rialzarsi dopo ogni caduta”. Quali valori insegna Napoli ai giovani?

La mia immagine di Napoli è Scampia: se io vinco la battaglia di Scampia, che è il famoso quartieredi Gomorra, allora avrò l’immagine vera di Napoli, perché solo lì vivono oltre 100 mila persone.Napoli è sempre stata una città che ha sofferto, dai bombardamenti della guerra al dopoguerra, però ha avuto sempre una grande risorsa, che io sto ritrovando ora: una sua straordinaria identità. Napoli si è ammalata poi con il terremoto – cioè l’identità della città è venuta meno – i napoletani sono cambiati. E’ stata traumatizzante quella scossa di terremoto il 23 novembre dell’80 anche se oggi ci sono stati due avvenimenti che invece hanno ridato a Napoli una certa identità. Che non è folkloristica, non è neo borbonica. Sono la morte di quel tifoso napoletano a Roma, Ciro Esposito, e anche la morte di Pino Daniele: sono stati due shock che hanno messo al centro non la “napoletanità”, ma questa idea di identità, di colleganza, di solidarietà, di stare insieme e di riscoprire questi valori.

Per te sempre ‘Forza Napoli’? Il calcio a Napoli aiuta a dimenticare i problemi che ci sono o è un motivo di orgoglio cittadino?

Il calcio è un motivo di divertimento. Il calcio non è l’oppio dei popoli, ma è un elemento di comunità, è divertente. Io in realtà non sono mai stato tifosissimo di calcio, ne capisco ad un livello minimo, ma devo dire che soprattutto per chi vive fuori, è un legame che hai con la tua città. Io ho i figli che purtroppo non parlano il napoletano, però sono tifosi del Napoli, per cui c’è un elemento che ci unisce. Non è che si recupera l’identità della città attraverso il calcio però è un elemento di coesione. L’identità si recupera attraverso la cultura che a Napoli c’è ed è molto forte. Che piaccia o no Napoli ha un posto importante nella storia d’Italia.

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