LA RICCHEZZA NASCOSTA NEL POVERO MEZZOGIORNO – PARTE 1 di Carlo Curti Gialdino – Numero 1 – Luglio 2015

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archeologica impietrita nel tempo dalla terribile eruzione del Vesuvio del 79 d.C.; non solo perché tutta la striscia prospiciente il mare della Campania, a partire da Napoli, metropoli sin dall’antichità e le testimonianze delle varie dominazioni, è un concatenarsi di ritrovamenti archeologici noti (Pozzuoli, Paestum) e meno noti (Pontecagnano e i suoi reperti Etruschi); e, saltando alla Sicilia vi sono stratificazioni mozzafiato, di civiltà anche autoctone sovrapposte a civiltà, come la mitica torta sette veli che si gusta a Messina; senza dimenticare che ogni altra Regione meridionale, in varie epoche, ha ospitato vestigia di un glorioso passato. 
Il Mezzogiorno, insomma, è uno scrigno di tesori mai davvero presi in considerazione per diventare volani di sviluppo, Pompei compresa, pur essendo, insieme al Colosseo, il sito archeologico italiano più visitato.

E non solo perché qui c’è Pompei e la sua area 

L’unico problema per il locale a piano terra destinato a coronare il suo sogno era la creazione dei servizi igienici. Lo scolo aveva problemi di riflusso. Per cui, il signor Faggiano arruolò i suoi due figli maggiori per aiutarlo a scavare ed investigare sulle cause dell’inconveniente. Aveva previsto che per i lavori ci sarebbe voluto giusto una settimana. Se solo non avessero impattato in una sorpresa… “Trovammo corridoi sotterranei ed altre stanze, quindi continuammo a scavare” dice il sig. Faggiano, che ha sessant’anni. La sua ricerca del canale di scolo, che iniziò nel 2000, divenne una storia familiare di ossessioni e scoperta.

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LA RICCHEZZA NASCOSTA DEL POVERO MEZZOGIORNO

PARTE I

 

Si organizza il minimo indispensabile, quello utile a tour promozionali in fiere del turismo, dalla milanese BIT ad altre più esotiche, rivelandosi questo tipo di politica arida di risultati, se non per chi se ne va in giro per il mondo a fare il promoter delle bellezze meridionali.
Eppure, all’estero, pur non possedendo neanche la millesima parte dell’intrigante intreccio fra storia, cultura, località godibili del nostro Sud, riescono a fare grandi flussi turistici.
Situata nel tacco dello Stivale italiano, Lecce era un punto nevralgico del Mediterraneo, ambita dagli invasori per tale posizione strategica. Dai Greci ai Romani, fino agli Ottomani, i Normanni ed i Longobardi.
Per secoli, una colonna di marmo del santo patrono di Lecce, Oronzo, ha dominato la piazza centrale della città, fino a che, gli storici, nel 1901, non hanno scoperto un anfiteatro romano che si estendeva sotterraneamente per tutta quell’area ed hanno spostato la colonna per poter fare gli scavi.
“I primi insediamenti a Lecce risalgono ai tempi di Omero, o almeno così dice la leggenda”, dice Mario De Marco, storico e scrittore locale, rilevando che gli invasori sono stati attratti dalla posizione d’oro della città e dalle prospettive di saccheggio. “Ognuna di queste popolazioni è venuta e ha lasciato una propria traccia”.
Severo Martini, assessore alla Pianificazione territoriale e all’Urbanistica del Comune di Lecce, afferma che i reperti archeologici vengono alla luce regolarmente e possono rappresentare un bel problema per la pianificazione urbana. Un progetto per un centro commerciale ha dovuto essere ridisegnato dopo la scoperta di un antico tempio romano sotto il sito del parcheggio. “Ogni volta che si scava un buco” dice “secoli di storia escono fuori come niente”. Come per la famiglia Faggiano.

Tutto quello che Luciano Faggiano desiderava, quando acquistò l’anonimo palazzo a via Ascanio Grandi 56, era di aprire una 

trattoria.

Un nome assai simbolico, in quanto proviene da greco e significa “Vedimi, sono la vita”. “Continuavo a scavare per realizzare il mio accesso alla fogna”, dice. “Nel contempo, però, ogni giorno speravamo di trovare nuovi manufatti”. Gli archeologi spinsero il signor Faggiano ad andare avanti. Oggi, l’edificio si è trasformato nel Museo Faggiano, un Museo archeologico privato, autorizzato dal Comune di Lecce.
Scale in metallo consentono ai visitatori di scendere nelle camere sotterranee, mentre le sezioni di pavimento in vetro servono ad ammirare le stratificazioni storiche dell’edificio. Rosa Anna Romano, una docente operante presso il Museo, è la vedova di uno speleologo dilettante che ha contribuito a scoprire la Grotta di Cervi, una grotta sulla costa vicino Lecce, verso Otranto, decorata con pittogrammi neolitici. Per saperne di più, vi consiglio di consultare il sito www.museofaggiano.it.
Con molta sorpresa, scoprirete che è tradotto in 9 lingue, compreso russo, cinese e giapponese. Certamente, il MiBACT del Ministro Franceschini ha da imparare, con quel suo sito ‘verybello’ che a stento parla inglese! Intanto, però, lo stesso Ministero ha comunicato la disponibilità di Fondi europei 2014 – 2020 per sostenere iniziative culturali nel Mezzogiorno. Ecco la comunicazione divulgata dal Ministero: “La Commissione Europea ha approvato il programma operativo “Cultura e Sviluppo” 2014 – 2020 cofinanziato dai fondi comunitari (FESR) e nazionali, per un ammontare complessivo di circa 490,9 milioni di euro, che vede il MiBACT nel ruolo di amministrazione proponente e Autorità di gestione. Il Programma Operativo Nazionale (PON) “Cultura e Sviluppo” 2014 – 2020 è destinato a 5 regioni del Sud Italia – Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia –  ed ha come principale obiettivo la valorizzazione del territorio attraverso interventi di conservazione del patrimonio culturale, di potenziamento del sistema dei servizi turistici e di sostegno alla filiera imprenditoriale collegata al settore. Gestito dal MiBACT, il PON dà attuazione alle scelte strategiche ed agli indirizzi definiti dall’Accordo di Partenariato (AdP) tra l’Italia e la Commissione Europea.

Il signor Faggiano trovò tracce di un mondo sotterraneo che risaliva a prima della nascita di Gesù: un tomba messapica (antica popolazione italica stanziatasi nella Murgia meridionale), un granaio romano, una cappella francescana ed altri dipinti dei 

Cavalieri Templari,

dalla vicenda così controversa, perseguitati dal re Filippo il Bello di Francia. Ma quella è un’altra storia. Se vi capita, approfonditela. La trattoria è ora diventata un museo, dove i ritrovamenti sono esposti. ‘Gli uomini di casa’ scoprirono un piano nascosto che portò ad un altro piano in pietra medievale, che portò a sua volta ad una tomba dei Messapi, i quali vivevano nella regione secoli prima della nascita di Gesù. Presto la famiglia scoprì una camera usata per conservare il grano dagli antichi romani e la cantina di un convento francescano in cui le suore, al tempo, preparavano i corpi dei morti alla sepoltura. Le Forze dell’Ordine arrivarono e bloccarono gli scavi, intimando di non addentrarsi in siti archeologici abusivi. Il presunto ‘tombarolo’ rispose loro che stava solamente cercando di costruire un tubo di scarico.
Passato un anno, finalmente gli fu permesso di riprendere la sua ricerca per il tracciamento della fogna, a condizione che i funzionari della Sovrintendenza partecipassero ai lavori. Emerse, così, un tesoro sotterraneo costituito da antichi vasi, bottiglie devozionali romane, un antico anello con simboli cristiani, manufatti del Medioevo, affreschi nascosti ed altro. “Abbiamo trovato – dice Luciano Faggiano – molto vasellame di epoche diverse. C’erano due tombe, ma una era stata svuotata già ai tempi della costruzione dello stabile, nel 1933.
Le poche monete, molto corrose, frutto degli scavi sono ora allo studio della Sovrintendenza. Non so, dunque, di che epoca sono. Mi ha colpito l’anello, che doveva essere un anello da sigillo, tant’è che lo abbiamo ritrovato ancora sporco di ceralacca. Era in oro, almeno laminato su altro metallo, con uno stemma indimenticabile: l’ostia consacrata. E’ impressionante, il disegno richiama molto quello che ora Papa Francesco ha assunto come suo stemma. Sarebbe bello che lo vedesse.
”La casa dei Faggiano ha livelli che sono rappresentativi di quasi tutta la storia della città, dai Messapi ai Romani, dal Medioevo fino all’età bizantina”, dice Giovanni Giangreco, funzionario del Ministero dei Beni culturali, ora in pensione, coinvolto nella supervisione degli scavi. I funzionari della Sovrintendenza, intuendo di essere di fronte ad una grande scoperta, portarono un archeologo sul sito, anche se i Faggiano si sono accollati i lavori di scavo, sostenendone le spese. Il signor Faggiano, cuoco provetto, continuava a sognare ancora una trattoria anche se, ormai, il progetto era diventato la sua Moby Dick. Intanto ha fondato un’Associazione culturale, denominata “Idume”, dal nome del fiume che scorre sotto la città di Lecce.

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L’Accordo individua tra gli obiettivi tematici la protezione, promozione e sviluppo del patrimonio culturale, considerato asset potenzialmente decisivo per lo sviluppo del Paese, sia in quanto fattore cruciale per la crescita e la coesione sociale, sia per gli effetti e le ricadute positive che esso è potenzialmente in grado di determinare nei rispetti del sistema dell’industria turistica.
Il Programma ha una dotazione finanziaria di 490,9 milioni di euro, di cui 368,2 milioni di euro a valere sui fondi strutturali europei (FESR) e 122,7 milioni di euro di cofinanziamento nazionale.
Il PON “Cultura e Sviluppo” 2014-2020 viene attuato attraverso una filiera corta e diretta: il MiBACT Amministrazione titolare del Programma si avvale delle sue articolazioni territoriali (Segretariati regionali, Poli museali, Soprintendenze) nell’ambito di una strategia di raccordo e di coordinamento con le Amministrazioni regionali delle cinque regioni interessate, con le quali saranno sottoscritti specifici Accordi Operativi di Attuazione (AOA)”.
Nulla cambia circa la necessità di coinvolgimento delle autorità regionali, in passato piuttosto inerti in materia, tant’è che ci sono state tantissime volte che si è corso il rischio di perdere i Fondi pur attribuiti, proprio a causa dell’incapacità progettuale delle stesse.
Si spera, invece, che ora, messe sotto il microscopio proprio per gli errori del passato, le Regioni siano più efficienti nella loro azione. Molto si potrebbe fare, però, se i cittadini, pur se attanagliati dalla crisi, fossero più propositivi e meno rassegnati. Propositivi come il signor Faggiano di cui vi ho raccontato.
Da queste pagine, parte un appello affinché vi sia maggiore partecipazione e minore lamentazione.
La filosofia dell’armiamoci e partite, se protratta, non consentirà al Sud di mettere in pista i suoi beni straordinari: un’eredità che è davvero un peccato dilapidare!

 

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