SUD ETERNO MITO di Paola Pariset – Numero 11 – Luglio 2018

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SUD ETERNO MITO

 

 

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della cultura dell’Italia, della Grecia, dei popoli del Mediterraneo, è rimasta propria del mondo tedesco, persino con l’avvento della Rivoluzione industriale del secolo XIX. Gli architetti del Movimento Moderno, i creatori del Werkbund di Monaco nel 1914, Muthesius, Behrens, van der Rohe, e poi Gropius, accettarono sì i princìpi ideologico-estetici della produzione seriale, dell’utile senza l’ornato (“ciò che è funzionale è anche bello”), della standardizzazione, della typisierung: ma vedendo in ciò un’estetica pari a quella delle

Questione di punti vista. Anche ciò che può sembrare incontrovertibile, acquisito, indiscutibile, si presta talvolta ad interpretazioni alternative. Cos’è, ad esempio, il “Sud” se non l’esito di una delle possibili prospettive con le quali guardare al territorio? Per Myrrha, infatti, il Meridione geografico italiano è un polo di attrazione e non sinonimo di arretratezza culturale, così come, nei secoli scorsi, il Sud, considerato depositario della perfezione artistica ed estetica, coincideva con la città eterna – Roma – ove stili e forme rimanevano inalterati nonostante le traversie storiche. A conferma di ciò, una vicenda singolare che ha ispirato anche una pièce teatrale.    

(La redazione)

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Ed a Roma, oltre che gli sconvolgenti monumenti archeologici e l’arte antica, c’era un avamposto tedesco straordinario, la casa di via del Corso 18 (oggi Museo), in cui aveva abitato per quasi due anni Wolfgang Goethe, nel 1786-88, durante il celebre Viaggio in Italia (poi diventato un libro-modello per l’Ottocento). Dopo la morte del poeta e drammaturgo, la casa è stata frequentata da intellettuali ed artisti e tuttora è sede di mostre a tema: dal 30 maggio 2018, ad esempio, essa ospita sino ad ottobre la mostra di R. Gschwantner, sulla Cascata delle Marmore e il porto di Traiano a Fiumicino, già mèta degli artisti del Gran Tour, a partire da Goethe. Ma, pur nella magica atmosfera della casa del poeta, un bel mattino del gennaio 1876, una coppia di ospiti tedeschi vi fu trovata morta nella propria camera. Ne riferisce il libro Via del Corso 18, Roma – Storia di un indirizzo di Dorothee Hock, mitica specialista del Museo Casa di Goethe a Roma, che in esso ha dato spazio e rigore documentario sia alla vita romana del grande tedesco che la abitò sia al “dopo”.

 

Ma torniamo alla tragica fine della coppia di Maximilian Schmidt e Luise Munstermann, morti nell’appartamento abitato da Goethe, lì dove lo spirito tedesco si era unito per sempre con l’eternità di quello greco-romano. Ad avvertire il potenziale drammaturgico dell’episodio, è stato il direttore artistico della stagione musicale della RomaTre Orchestra, Valerio Vicari, conquistato dalla vicenda narrata nel libro della Hock. Insieme con Giorgia Aloisio, ne ha redatto un testo teatrale, Amore e morte al Corso, andato in scena dapprima nel Museo Casa di Goethe nel maggio 2017, indi il 29 marzo scorso nel Teatro Torlonia presso via Nomentana. Guidati dalla accattivante ricostruzione di Valerio Vicari, ci chiediamo:

 

cosa spinse il maturo Schmidt, funzionario della Polizia di Stato tedesca, 

innamorato della figlioccia Louise, figlia di primo letto di sua moglie 

(che già gli aveva dato un bambino) a lasciare l’Alsazia per Roma, 

dove vivere un amore impossibile e morire 

nella casa che era stata di Goethe?


Furono l’amore per l’arte e la bella giovinezza di Louise, con la quale egli era fuggito lasciando la troppo rigorosa Germania: cosa ventilata dal Vicari sulla falsariga del libro di Dorothee Hock. 

 

Nei dialoghi, egli delinea molto bene i caratteri opposti della fanciulla, lanciata – nella sua irresponsabile felicità – fra i capolavori artistici di Roma, le immense Terme, i Musei, le pinete, le fontane, e del tormentato ex funzionario, che invece paventava lo scandalo generato dalla propria bruciante colpa. Intanto, in pochi mesi erano finiti i denari e avanzava la gravidanza di Louise. Vicari a questo punto – staccandosi dal testo della Hock – ha fatto leggere in scena il servizio del quotidiano romano “La Gazzetta della Capitale” del 25 gennaio 1876, che nella cronaca cittadina descriveva con commozione e pietà il ritrovamento dei due suicidi: la bionda giovinetta, biancovestita, sdraiata sul letto accanto al suo compagno in un abito scuro, che ne accentuava la durezza dei tratti del volto. Sul tavolo i calici, coi resti fatali di cianuro di potassio.

I due certamente non si sentivano di vivere oltre nella colpa, nemmeno nella conciliante Italia, dove pur si respirava la vita intramontabile della grecità.


Ma, più fortemente dei motivi sociali, in una giovane con un figlio in grembo, non doveva prevalere la volontà della vita sulla morte, verso cui l’innamorato decisamente la spingeva? La scelta invece fu di entrambi, poiché nella cronaca del predetto quotidiano non risultano segni di colluttazione: anzi le braccia di Louise, attorno al collo dell’uomo, sembrano indicare l’assolutezza di un amore, fino alla morte. Possibile mai, insomma, che una giovane incinta non difendesse la vita, soprattutto quella non più solo sua?

Ma infine il fascino e il di lei secondo amore per l’arte e per la sua culla nel Sud ebbero la meglio e le diedero il coraggio della morte.


Il cianuro comprato in Germania tempo prima (i cronisti ne lessero l’etichetta) rende indubbia la volontà dei due di togliersi la vita: né la casa di Goethe a Weimar bastò a persuaderli. Se il grande poeta era sceso a Roma per vivere l’arte sino in fondo, i due amanti ebbero bisogno di questo immenso aiuto, per morire insieme. 

 

E la Medusa Rondanini, simbolo immortale della “quieta grandezza” dell’arte greco-romana, in copia nella casa romana di Goethe, aleggiò sulla coppia di innamorati. E in un ultimo attimo, decise per loro.

 

 

 

 

 

 

 

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arti armoniche. Le quali riposavano ancora e sempre lì, nel modello greco, 

nel Sud e a Roma: già, perché se Paul Klee – giunto con la moglie in Liguria 

all’inizio del secolo – scriveva nei suoi Diari “Sono a Genova, sono nel Sud”, 

Roma era privilegiata terra “dove fioriscono i limoni”, 

il vero Sud tanto vagheggiato

 

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