DA FILANGIERI ALLA COSTITUZIONE AMERICANA di Giannicola Sinisi – Numero 4 – Aprile 2016

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Le rivoluzioni di quel tempo hanno preso la scena della storia, con la crudeltà e le generalizzazioni che le accompagnano, distruggendo la grandezza del fermento intellettuale, e smorzando la potenza del pensiero che animò quell’epoca.

DA FILANGIERI ALLA COSTITUZIONE AMERICANA

 

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Dietro le rivoluzioni c’era l’esigenza di stabilire un nuovo status per gli individui e per i popoli, dopo secoli di oscurantismo;

La potenza visionaria di Filangieri si apprezza ancora oggi declinando alcuni dei concetti che egli elaborò:

Le reti degli intellettuali europei erano tutte all’opera per contribuire alla elaborazione di questi nuovi ideali, ma presto si resero conto che l’Europa non era il continente giusto perché questi ideali potessero trovare applicazione per le resistenze che le monarchie, e le sacche del perdurante feudalesimo, vi opponevano.
Al contrario, le Tredici ex Colonie del Nord America, la nuova Nazione, erano il posto perfetto per sperimentare questi nuovi ideali, una specie di laboratorio mondiale per la modernità.
La lettura degli scritti degli autori di quell’epoca consente di cogliere non solo i contenuti, ma anche una carica di entusiasmo straordinaria ed un idealismo universale, che superava gli angusti confini e le barriere dei singoli Stati per guardare al mondo intero ed a tutta l’umanità.
Francesco Mario Pagano, giurista ed intellettuale napoletano, riteneva che “Stato e cittadinanza” fossero parole da bandire dal vocabolario di una società moderna.
Antonio Genovesi elaborava i principi di “felicità pubblica” nelle sue lezioni di economia nell’Università partenopea.
Gaetano Filangieri, nel 1780, a Napoli aveva già pubblicato i primi due volumi del suo trattato sulla “Scienza della legislazione” pensando a regole valide per il mondo intero, indicando la strada affinché gli ordinamenti potessero garantire le libertà dell’individuo e lo sviluppo della persona umana.

ed i principi di democrazia, dimenticati dai tempi di Atene, ritornavano ad occupare le discussioni appassionate di filosofi, giuristi e cittadini illuminati nei salotti e nei luoghi di riunione.

eliminazione dei dazi per garantire lo sviluppo; libertà di stampa per tutelare il corretto formarsi dell’opinione pubblica; diritto ad un processo equo, sono solo alcune delle tinte miracolose con cui il giovane Filangieri da Napoli, dentro il confine del regno dei Borboni, disegnava le regole per una nuova umanità.
E non era il solo.
La rete intellettuale massonica del tempo, prima delle bolle papali che ne determinarono la clandestinità, fu certamente protagonista ed artefice nella promozione e divulgazione dei nuovi ideali e determinò

l’incontro tra la potenza innovatrice del giovane filosofo e giurista napoletano, Gaetano Filangieri, ed un protagonista indiscusso della nascita della Nuova Nazione, gli Stati Uniti d’America, Benjamin Franklin, entrambi esponenti della Libera Massoneria.

Gaetano Filangieri era a Napoli tra il 1780 ed il 1783, alla corte del Re, godendo già di buona fama tra gli studiosi dell’epoca per la sua opera, e mantenendo una fitta corrispondenza con molti di questi.
Benjamin Franklin, dopo aver partecipato al Comitato dei cinque, presieduto da Thomas Jefferson, per la redazione della dichiarazione d’indipendenza delle tredici ex Colonie Americane, del 4 luglio 1776, fu inviato per nove anni a Parigi quale delegato del Congresso dei Tredici Stati Uniti d’America presso la corte di Luigi XVI, per accreditare la nuova Nazione presso le corti europee.
Dal 1779 al 1981 a Parigi fu il Gran Maestro della Loggia delle Neuf Soeurs, una delle più importanti espressioni della massoneria francese.
Nel 1781 Luigi Pio, un giovane segretario di legazione della Rappresentanza del Regno delle Due Sicilie a Parigi, anch’egli massone, ricevette l’incarico diplomatico presso la stessa Corte, e rappresentò il tramite essenziale tra Filangieri e Franklin.

Franklin rimase ammirato dall’opera di Filangieri, e da lì cominciò una corrispondenza fra i due che influenzò principi liberali della prima democrazia parlamentare e repubblicana del pianeta.

Le diversità umane e caratteriali di Filangieri e Franklin erano incolmabili, eppure i loro destini viaggiarono paralleli dal 1781 al 1788, ovvero sino a quando la tubercolosi interruppe la giovane vita di Filangieri che non aveva ancora trentacinque anni.
Giovane idealista ed intellettuale il primo; consumato politico, scienziato e imprenditore il secondo, avevano in comune solo l’essere dei grandi innovatori, capaci di elaborare teorie o di realizzare invenzioni senza alcun conformismo.
Gaetano Filangieri aveva idealizzato Philadelphia e la Pennsylvania fino ad immaginarla una terra dove gli ideali di libertà che egli propugnava con tanta passione avevano già trovato una prima attuazione.
In una lettera del 24 agosto del 1782 Filangieri scriveva a Franklin: “Fin dall’infanzia, Filadelfia ha richiamati i miei sguardi. Io mi sono così abituato a considerarla come il solo paese ove io possa esser felice, che la mia immaginazione non può più disfarsi di questa idea”.

Tutto era cominciato con una lettera dell’11 settembre 1781 di Luigi Pio, segretario di legazione del Regno delle Due Sicilie alla corte di Parigi, a Gaetano Filangieri, con la quale gli faceva sapere che Franklin lo incoraggiava a fargli avere il volume della Scienza della Legislazione

che riguardava la legislazione criminale “perché questa sarà più utile per la sua nazione, mancante tutt’ora di molti lumi su quest’articolo.” 
Una ricca corrispondenza scandì gli anni successivi, in cui Franklin chiese anche consigli al giovane studioso napoletano, financo un parere sulle costituzioni che dopo il 1776 si erano date le Tredici ex colonie d’America, inviandogli una copia del libro stampato a Philadelphia che le raccoglieva.
Si tratta di un libro perduto e che probabilmente si trova ancora in qualche biblioteca privata degli eredi, forse per linea femminile, del giurista e filosofo napoletano, in qualche palazzo di famiglia.
La corrispondenza si chiuse con una lettera del 14 ottobre 1787 che Benjamin Franklin, ormai Presidente dello Stato della Pennsylvania, scrisse a Gaetano Filangieri per comunicargli l’approvazione, il 17 settembre 1787, della Costituzione degli Stati Uniti d’America, allegando una copia del testo della Costituzione fresca di stampa della sua tipografia.
La notizia si accompagnò ad una richiesta di poter avere 9 copie del terzo volume, sulla legislazione criminale, e 8 copie degli altri successivi volumi della Scienza della Legislazione, nel frattempo pubblicati dal Filangieri.
Il terzo volume era stato oggetto anche di una lettera di Filangieri a Franklin, ancora a Parigi, del 21 marzo 1784, con la quale gli inviava un foglio di quel tomo contrassegnato dalla lettera “V”.
Quella pagina, individuabile anche per le anomalie stilistiche, includeva la proposta di stabilire che, come primo atto del processo, vi sia l’intimazione al reo, che troveremo nel 1791 nel VI emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti che prevede il diritto dell’accusato di essere informato dell’accusa.
L’omaggio inviato da Franklin a Filangieri il 14 ottobre 1787 giunse a Napoli il 1º luglio 1788, quando ormai la tubercolosi aveva cominciato a minare più gravemente la salute del nostro, che si spegnerà tre settimane dopo, il 21 luglio 1788, a Vico Equense.
Sarà la moglie di Filangieri, Charlotte Frendel, a rispondere a Benjamin Franklin, con una lettera spedita da Napoli il 27 settembre 1788, con la quale comunicò il decesso del coniuge e diede seguito alla richiesta di Franklin, così fornendoci la certezza che quelle copie dell’opera di Filangieri giunsero a destinazione.

Questa storia, come ho detto, descrive la potenza visionaria del pensiero giuridico e filosofico di Filangieri, ma ci racconta anche l’importanza di Napoli in quell’epoca, quando era al centro di una rete europea ed internazionale di intellettuali

che si proponevano di forgiare la società di quel tempo e di disciplinarne il futuro e i cambiamenti, con lo sguardo rivolto al mondo intero.
E ci interroga su quanto avremmo bisogno ancora oggi di una rete di moderni Filangieri e Franklin che si facciano carico di elaborare i nuovi diritti e doveri di cui tutti avvertiamo l’esigenza, nella stessa visione universale e riformatrice, pensando agli Stati Uniti, ma non solo d’America.

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