I MISTERI DI CAMPOBASSO gemme del sud numero 28 maggio giugno 2023 Editore Maurizio Conte

I MISTERI DI CAMPOBASSO

 

 Gemme del Sud
                 Campobasso

 

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Ogni anno, in occasione della festività del Corpus Domini, per le vie di Campobasso si svolge 

 

la processione dei Misteri, una delle tradizioni più suggestive 

e spettacolari di tutto il Molise. 


Già nel Medioevo si usava festeggiare il giorno del Corpus Domini con delle rappresentazioni sacre allestite su dei palchi collocati nei pressi delle chiese. Nella metà del Settecento, alcune Confraternite del luogo commissionarono a Paolo Saverio Di Zinno, talentuoso scultore locale, la realizzazione delle macchine processionali. L’artista ne inventò e realizzò, con la collaborazione di sapienti fabbri locali, ben diciotto, sei delle quali purtroppo andarono distrutte durante il terremoto del 1805. I “Misteri”, o “Ingegni”, sono macchine costituite da basi di legno sulle quali sono applicate strutture in ferro ramificate dove vengono posizionati dei figuranti, per lo più bambini, che rappresentano angeli, diavoli, santi e altre figure sacre. 

 

Dopo oltre duecento anni, i Misteri sono ancora funzionanti 

e vengono portati in spalla per le vie della città.

 

Il passo cadenzato dei portatori, facendo oscillare le strutture, crea l’illusione di vedere i personaggi volare: uno spettacolo che emoziona i visitatori che ogni anno accorrono numerosi a Campobasso per ammirare il passaggio di questi veri e propri “quadri viventi”. Grazie alla dedizione e all’impegno dell’Associazione Misteri e tradizioni, 

nel 2006 è stato inaugurato il Museo dei Misteri, 

situato nel centro della città

 

dove vengono custodite e conservate le Macchine, che si possono ammirare insieme a foto, vestiti d’epoca e altre testimonianze che raccontano la storia di questa tradizione straordinaria.

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IL SALOTTINO DI PORCELLANA A CAPODIMONTE Gemme del Sud numero 27 gennaio febbraio 2023 ed. maurizio conte

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IL SALOTTINO DI PORCELLANA  A CAPODIMONTE

 

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                         Napoli

 

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Originariamente creato per gli appartamenti privati della regina di Napoli Maria Amalia di Sassonia nella Reggia di Portici, questo capolavoro della Real Fabbrica di Porcellana di Capodimonte fu realizzato tra il 1757 e il 1759. Nel 1866, quando il Palazzo Reale di Portici divenne proprietà demaniale, fu smontato e riposizionato in una sala della Reggia di Capodimonte, dove si trova tuttora.

 

Il salottino, progettato da Giovan Battista Natali, è in stile rococò ed è composto 

da pannelli in porcellana a sfondo bianco decorati ad altorilievo, posizionati 

alle pareti ed alternati a sei ampi specchi racchiusi da cornici 

di festoni floreali e candelieri a tre bracci 

sempre in porcellana.

 

Nella colorata decorazione compaiono frutti, animali, scene di genere con uomini e donne nei caratteristici abiti tradizionali cinesi e cartigli scritti in mandarino, temi che si rifanno alla moda cinese e alle cineserie in gran voga nell’Europa del XVIII secolo. 

 

Anche il soffitto richiama la stessa tipologia decorativa delle pareti, ma è in stucco con decorazione a rocailles, mentre è in porcellana il mirabile lampadario che pende al centro della sala nel quale, tra i dodici bracci avvolti da tralci di fiori, il fusto raffigura una palma, una scimmia e un cinese con ventaglio. 

 

Fantasie e suggestioni dell’Estremo Oriente andarono ad alimentare un gusto per paesi lontani creando un misto di stili in cui accanto ad elementi esotici tradizionali si aggiunsero capricci ed invenzioni che diedero origine ad un linguaggio tipicamente europeo espresso in una porcellana di qualità e di una raffinatezza unica.

 

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“SA ROCCA” DI SEDINI LA CATTEDRALE DELLE “DOMUS DE JANAS” Gemme del Sud numero 27 gennaio febbraio 2023 Ed. Maurizio Conte

“SA ROCCA” DI SEDINI LA CATTEDRALE DELLE “DOMUS DE JANAS”

 

 Gemme del Sud
                     Sedini (SS)

 

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In Sardegna l’uso di scavare tombe nelle roccia ha avuto larga diffusione: sono più di duemila le sepolture rinvenute in tutta l’isola, risalenti al Neolitico, testimonianza della grande abilità degli uomini di lavorare la viva roccia con pochi strumenti rudimentali. Spesso venivano ricavate una accanto all’altra, dando vita così a vere e proprie necropoli.

 

Secondo la tradizione popolare, queste strutture erano abitate da piccole creature leggendarie, un po’ fate ed un po’ streghe, che instancabili tessevano splendide stoffe sui loro preziosi telai d’oro e per questo sono conosciute come 

“domus de janas” (letteralmente “case delle fate”). 

 

Unica nel suo genere è quella di Sedini, paesino della valle dell’Anglona, in provincia di Sassari, al punto da essere definita “la cattedrale delle domus de Janas”. “Sa Rocca”, come la chiamano gli abitanti del luogo, è realizzata in un enorme masso alto 12 metri che si trova completamente in superficie, con la punta della roccia che si staglia verso il cielo. Ha la peculiarità di trovarsi nel cuore del paese e non, come la maggior parte delle domus de janas, in luoghi isolati e difficilmente raggiungibili. 

 

Proprio questa insolita posizione – una “casa delle fate” incastonata tra le strutture 

del paese – le conferisce un fascino particolare e regala al visitatore 

un colpo d’occhio sorprendente. 

 

Altra particolarità è che, pur avendo mantenuto una parte delle sue caratteristiche originali, nei secoli ha subito diverse trasformazioni che l’hanno resa parte viva del paese: è stata prigione, luogo di ricovero per animali, negozio, sede di partito ed abitazione privata. Oggi ospita il Museo delle Tradizioni Etnografiche dell’Anglona che si sviluppa su tre livelli ed ogni livello ha un racconto, una sorpresa da svelare. Bellissima la parte che conserva intatta la struttura medievale, con il focolare scavato al centro della stanza nel pavimento roccioso e scale a chiocciola ricavate nella roccia.

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 Foto da DEPOSITPHOTOS

 

I MURALES DI CAMPOMARINO E LA COMUNITA’ ARBERESHE Gemme del Sud numero 27 gennaio febbraio 2023 Ed. Maurizio Conte

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I MURALES DI CAMPOMARINO E LA COMUNITA’ ARBERESHE

 

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               Campomarino (CB)

 

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Nel borgo di Campomarino, centro storico dell’omonima cittadina che sorge nei pressi della costa adriatica in provincia di Campobasso, la pres­­­enza dell’antica comunità arbëreshë, ovvero gli Albanesi d’Italia, è raccontata dagli originali e colorati murales disegnati sulle facciate delle case dall’artista contemporanea campomarinese Liliana Corfiati.   

 

Composta da immigrati provenienti dall’Albania che a partire dalla fine del XV secolo si insediarono in territorio molisano per sfuggire all’invasione ottomana di Maometto II, e a seguito della morte dell’eroe della resistenza albanese Giorgio Kastrioti Skanderbeg, la comunità arbëreshë di Campomarino ha saputo integrarsi con la popolazione locale, pur conservando nei secoli i caratteri originari della propria cultura e la lingua che sopravvive ancora oggi nella segnaletica bilingue delle vie del Comune. 

 

Passeggiando per i vicoli del borgo 

 

Passeggiando per i vicoli del borgo si scoprono murales che raccontano 

antichi mestieri e la vita quotidiana di una società 

di origine agro-pastorale: 

 

un uomo ed una donna che raccolgono le olive, donne sedute sull’uscio di casa a ricamare, una donna che inforna il pane, un ciabattino intento al suo lavoro, uomini e donne in abiti tradizionali che sembrano danzare al ritmo di una musica antica. 

 

L’origine cristiano ortodossa della comunità italo-albanese si rivela nel bel Mural degli Sposi in cui, sullo sfondo di un mare azzurro, il sacerdote officiante, vestito nel tradizionale abito nero, “incorona” gli sposi secondo l’antico rituale bizantino Akoluthìa tu Stefanòmatos, espressione di una identità culturale ancora orgogliosamente sentita dalle odierne generazioni arbëreshë.

 

 

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LA CUCINA MOLISANA Gemme del Sud numero 27 gennaio febbraio 2023 Editore Maurizio Conte

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LA CUCINA MOLISANA

 

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Gemme del Sud

                Molise

 

  

Il Molise è una regione molto piccola, ma grazie al suo territorio così eterogeneo possiede una gran varietà di prodotti gastronomici tipici. 

 

I 36 chilometri di costa offrono una molteplicità di ricette a base di pesce, come le zuppe, il famoso brodetto, risotti e moltissimi modi di servire il baccalà. Il visitatore che si troverà a passare per l’antico Sannio, territorio montuoso e collinare con tradizione pastorale ed agricola, scoprirà una grande produzione di formaggi e salumi, aromi come il tartufo bianco, focacce e dolci tipici.
 

Alcuni di questi prodotti hanno alle spalle tradizioni lunghissime, come, ad esempio, 

il caciocavallo di Agnone. La sua presenza è testimoniata 

fin dai tempi della Magna Grecia

 

e la sua produzione è legata al periodo della transumanza. Questo formaggio è entrato a far parte dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali Italiani ed è chiamato “formaggio archeologico” per la sua lunga storia e perché anticamente veniva fatto stagionare in grotte naturali. 

 

I prodotti molisani sono in larga parte legati alle tradizioni povere e contadine ed alle ricorrenze e feste popolari, e si basano su ingredienti semplici, soprattutto grano e legumi.

 

Secondo la leggenda, i famosi “cavatelli” – una pasta di semola di grano duro 

ed acqua – vennero realizzati in occasione di una visita 

dell’imperatore Federico II,

 

che pare ne andasse ghiotto. Costituivano il piatto principale di cene e banchetti, cucinati con fave, pancetta e piselli, e furono serviti anche al “Colloquium generale”, la riunione di tutti i funzionari e dignitari regi che si svolse a Foggia nel 1240. Oggi i cavatelli sono i protagonisti delle sagre che tra luglio ed agosto si svolgono in molti comuni molisani. 

 

Il Molise vanta la creazione di un’altra pasta fresca: i fusilli. Essi erano lavorati anticamente da alcune donne qualificate che tagliavano striscioline di impasto di circa un centimetro, le arrotolavano intorno ad un ferro da calza e le sfilavano, creando così la tipica forma arricciata. Questa laboriosa lavorazione aveva luogo nelle case delle famiglie agiate. La classica ricetta dei fusilli alla molisana prevede il condimento con il tradizionale ragù di agnello o di maiale, un piatto semplice, ma che richiama alla memoria secoli di storia popolare.

 

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Fresh uncooked cavatelli pasta.

 Foto da DEPOSITPHOTOS

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L’ANTICO BORGO DI CRACO Gemme del Sud numero 26 ottobre novembre 2022 ed. maurizio conte

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L’ANTICO BORGO DI CRACO

 

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               Craco (MT)

 

 

 

A circa 60 chilometri da Matera si trova l’antico borgo medievale di Craco, un paese fantasma immerso nel suggestivo territorio lucano dei calanchi, formazioni collinari di rocce argillose. Abitato probabilmente fin dall’XI secolo d.C., su presenze umane più antiche, la sua storia attraversa i secoli fino a giungere nel Novecento.

 

Sorto sia su base rocciosa che su terreno soggetto ad erosione, agli inizi 

degli anni Sessanta del secolo scorso questo paese fu colpito 

da un evento naturale che ne decretò la sorte:  

 

Luna disastrosa frana costrinse gli abitanti ad abbandonare le proprie case ed attività per trasferirsi più a valle, a Craco Peschiera, lasciando il posto al silenzio e alla natura che si è riappropriata del proprio spazio. 

Aggirandosi per i vicoli del borgo, accompagnati da guide autorizzate poiché per motivi di sicurezza è vietato l’accesso libero, si possono ammirare la torre normanna, i palazzi nobiliari, le chiese, gli scorci dei vicoli con le case addossate le une alle altre e gli affacci mozzafiato sul paesaggio dei calanchi.

 

Grazie all’impegno di cittadini e Comune, l’antico abitato è tornato a vivere, 

diventando mèta turistica, set scelto da importanti marchi pubblicitari, 

location cinematografica di registi famosi 

e luogo di manifestazioni culturali.

 

La volontà di conservare la memoria del proprio passato si esprime nel MEC, il Museo Emozionale di Craco, che ha sede nell’antico monastero di San Pietro dei Frati Minori fondato agli inizi del XVII secolo e posto ai piedi del borgo. Qui, attraverso l’impiego di tecnologie multimediali ed interattive, il visitatore può immergersi nella storia dell’insediamento e conoscerne i protagonisti, scoprendo un territorio ricco di tradizioni, arti e mestieri e al tempo stesso godere di un’oasi di tranquillità.

 

Panoramic view of Craco. Basilicata. Italy.
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 Foto da DEPOSITPHOTOS

 

LA RIVIERA DEL CORALLO Gemme del Sud mumero 26 ottobre novembre 2022 ed. maurizio conte

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LA RIVIERA DEL CORALLO

 

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Gemme del Sud

               Alghero

 

La Riviera del Corallo, si estende lungo i 90 chilometri della costa di Alghero, con una grande varietà di paesaggi tutti da scoprire: lunghe spiagge di sabbia bianca, piccole calette e meravigliose formazioni rocciose verso il promontorio di Capo Caccia, circondate dalla vegetazione della macchia mediterranea. Il nome deriva dalla cospicua presenza nei fondali di corallo rosso, che costituisce una delle principali risorse del territorio.

 

La pesca del corallo in Sardegna ha origini antichissime: da sempre usato per scopi 

di culto, nel corso dei secoli è diventata un’importante risorsa economica, 

 

oggi preservata e tutelata anche in siti speciali all’interno dell’Area Marina Protetta di Capo Caccia e del Parco Regionale di Porto Conte. In particolare il Corallium Rubrum è definito “l’oro rosso di Alghero”, a sottolineare il forte legame tra la città e la sua più preziosa risorsa, sancito già nel 1355, quando il re d’Aragona Pietro IV il Cerimonioso concede ad Alghero lo stemma rappresentante un ramo di corallo in mezzo alle onde del mare, sormontato da quattro pali rossi in campo oro, insegna reale nota come “Pali di Aragona”. 

 

E proprio ad Alghero sorge 

 

il MACOR, un museo interamente dedicato al corallo, che offre un percorso 

alla scoperta della tradizione, della cultura e dell’identità 

di questa parte di Sardegna

 

attraverso aspetti storici, scientifici, economici e curiosità attorno al pregiato materiale, oltre alle opere d’arte che gli artigiani algheresi hanno creato e creano ancora oggi col corallo. Il museo, inoltre, è ospitato all’interno dell’elegante villa Costantino, unico edificio liberty visitabile in città, che conserva ancora la divisione interna degli ambienti come residenza familiare e gli elementi decorativi originali, motivo in più per andare a visitarlo.

 

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L’INCENDIO DEL CASTELLO SVEVO DI TERMOLI Gemme del Sud numro 26 ottobre novembre 2022 ed. Maurizio Conte

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L’INCENDIO DEL CASTELLO SVEVO DI TERMOLI

 

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                    Termoli (CB)

 

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Il Castello Svevo di Termoli, situato nel Borgo Antico, è il simbolo di questa bella cittadina molisana in provincia di Campobasso affacciata sul mare. Costruito probabilmente in epoca normanna, ristrutturato nel 1247 da Federico II (da qui l’appellativo di “Svevo”),

 

ogni anno, la notte del 15 di agosto, diventa il protagonista di una manifestazione davvero unica e suggestiva: l’Incendio del Castello 

 

Si tratta di una rappresentazione storico-popolare che rievoca l’assalto da parte delle truppe di Pialj Pascià: sbarcati con circa 200 galee, il 2 agosto 1566, gli Ottomani strinsero d’assedio il vecchio borgo marinaro distruggendo abitazioni e appiccando incendi. Ma un’eroica resistenza fu opposta dalla popolazione nelle campagne tra Termoli e Guglionesi dove, grazie alla tenacia ed al coraggio, si riuscì ad arrestare l’invasione nemica. E proprio da quelle parti, già dal 1545, sorgeva un santuario dedicato alla Madonna della Vittoria, oggi nota come Madonna a Lungo. Qui per anni fu ricordato l’episodio con rappresentazioni popolari eseguite dalla gente comune che orgogliosa tramandava la vittoria storica dei propri avi.
Dal 2001 la decisione di rievocare l’avvenimento storico attraverso una grande manifestazione che negli anni è diventata, insieme alla festa del patrono San Basso, l’evento più atteso della città. Si comincia già dal pomeriggio con una sfilata di giovani del posto travestiti da saraceni. In serata,

 

alcune Paranze si avvicinano in mare verso le mura del Borgo Antico 

rievocando l’ingresso degli invasori e con suggestivi combattimenti 

danno inizio all’Incendio del Castello, uno spettacolo mozzafiato,

 

una vera e propria esplosione di luci e fuochi pirotecnici che infiamma i cieli di Termoli e lascia a bocca aperta i tantissimi visitatori che ogni anno si recano nella cittadina per partecipare a questo emozionante evento.

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AGNONE E L’ANTICA TRADIZIONE DEI FONDITORI DI CAMPANE – Gemme del Sud – Numero 25 – Luglio agosto 2022 – Ed. Maurizio Conte

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AGNONE E L’ANTICA TRADIZIONE DEI FONDITORI DI CAMPANE

 

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         Agnone (IS)

 

Ad Agnone, in provincia di Isernia, si tramanda ancora oggi l’antica arte di produrre campane in bronzo, con la tecnica a stampo, che affonda le radici nel Medioevo, quando la metallurgia in questo campo raggiunse alti livelli di esecuzione. 

 

L’utilizzo delle campane a fini funzionali ha una storia millenaria. Già in epoca classico-pagana se ne trovano testimonianze, ma è con il Cristianesimo che questo oggetto assunse una valenza simbolica molto forte, divenendo un elemento sacro destinato ad accompagnare la liturgia e a scandire i momenti di vita di un’intera comunità. 

 

Questa produzione sopravvive ad Agnone nella Pontificia Fonderia Marinelli che rappresenta, in territorio molisano, l’ultima fabbrica a mantenere intatta questa tradizione artigianale con prodotti che, anche nella decorazione, sono unici nel suo genere.

 

Fondata probabilmente intorno all’XI secolo, la Fonderia Marinelli è considerata 

una delle più antiche in Italia e nel mondo e, a conferma del suo valore, 

dal 1924, per volere di Papa Pio XI, può fregiarsi 

dello Stemma Pontificio. 


I Marinelli, mettendo in pratica conoscenze tramandate per generazioni, che escludono l’utilizzo di moderne tecnologie, ancora oggi danno vita ad un prodotto di altissima qualità, richiesto in tutto il mondo. Assistere alla nascita di una nuova campana, dove ogni gesto, scandito da preghiere, deve essere eseguito alla perfezione per non vanificare mesi di lavoro, è tornare indietro nel tempo, rivivere un rituale antico ed immedesimarsi nell’affascinante mestiere di fonditore.

 

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LA CHIESETTA DI PIEDIGROTTA A PIZZO – Gemme del Sud – Numero 25 – Luglio agosto 2022 – Ed. Maurizio Conte

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LA CHIESETTA DI PIEDIGROTTA A PIZZO

 

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           Pizzo (VV)

A pochi passi dal meraviglioso centro storico di Pizzo (VV), alla base di una collinetta che si affaccia sulle acque cristalline della spiaggia di Prangi, sorge una piccola chiesa interamente scavata nella roccia, uno dei tesori più suggestivi e incantevoli di tutta la Calabria.

La storia della Chiesetta di Piedigrotta è legata ad un’affascinante leggenda, tramandata di generazione in generazione, che narra del naufragio 

di un vascello con equipaggio napoletano 

avvenuto verso la fine del 1600.


Sorpresi da una violenta tempesta, i marinai si raccolsero nella cabina del Capitano dove era custodito il quadro della Madonna di Piedigrotta e tutti insieme iniziarono a pregare facendo voto alla Vergine che, in caso di salvezza, avrebbero eretto una cappella a Lei dedicata. La nave si inabissò e i marinai superstiti riuscirono a raggiungere a nuoto la riva. Insieme a loro, si salvarono anche il quadro della Madonna di Piedigrotta e la campana di bordo datata 1632. Decisi a mantenere la promessa fatta, scavarono nella roccia una piccola cappella e vi collocarono la sacra immagine. Ci furono altre tempeste e il quadro, portato via dalla furia delle onde che arrivavano fin nella grotta, fu sempre rinvenuto nel luogo dove il veliero si era schiantato contro gli scogli. 

 

La facciata della chiesetta è molto semplice, mentre 

l’interno offre uno spettacolo davvero unico e suggestivo. Lo spazio si divide 

in tre grandi grotte, popolate di personaggi sacri 

che prendono forma dalla roccia.


Fu Angelo Barone, artista di Pizzo Calabro, a dare alla cappella il suo aspetto attuale: a partire dal 1880 dedicò tutta la sua vita a questa chiesetta, ingrandì la grotta originaria, creò le due grotte laterali e scolpì molte delle figure di Santi e delle scene sacre. Alla sua morte, nel 1917, il figlio Alfonso continuò la sua opera per altri quarant’anni. La chiesetta, deturpata da atti vandalici, venne restaurata alla fine degli anni Sessanta da un loro nipote, Giorgio, anch’egli scultore.

 

 

 

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